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I blog di Edizioni Psiconline

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Redazione

Rosamaria Vitale ci parla di "Accogliere il migrante" scritto con Rosalba Terranova Cecchini

accogliereAccogliere il migrante. Tecniche di psicologia transculturale in situazioni di emergenza, è l’ultimo lavoro di Rosamaria Vitale e Rosalba Terranova Cecchini nella collana Ricerche e Contributi in Psicologia dal 15 gennaio in tutte le librerie e on-line.
Abbiamo intervistato telefonicamente Rosamaria Vitale, molto disponibile nonostante i suoi innumerevoli impegni, per parlare più approfonditamente di "Accogliere il migrante".


Il libro si rivolge a tutti gli operatori di diversa professionalità che in ambito sia sociale che sanitario svolgono attività di accoglienza, presa in carico e cura di stranieri, siano essi migranti per motivi economici, richiedenti asilo, minori non accompagnati, rifugiati. Riassume il lavoro svolto da maggio 2011 a febbraio 2013, periodo di tempo in cui Rosamaria Vitale ha collaborato a quella che è stata definita dal Ministero dell’Interno “Emergenza Nord d’Africa”.

IMG_2074Nel libro sono presentate tecniche e strumenti che permettono all’operatore di entrare in contatto con la persona straniera in modo veloce ma empatico, di fare una valutazione immediata sia dei problemi psicologici che sociali, di intravederne gli sviluppi possibili in ambedue i campi e di instaurare quindi una corretta presa in carico, nel caso si evidenziasse la necessità di un intervento terapeutico, ed un adeguato accompagnamento nell’inserimento sociale e lavorativo per tutti.

Per conoscere meglio l'argomento del libro, ne parliamo con l'autrice.


D. La ringraziamo per la sua disponibilità, iniziamo subito con la prima domanda. Accogliere il migrante si potrebbe definire un testo sulla clinica dell'immigrazione?
R. Sì, crediamo sia uno dei pochi testi che si occupa dei migranti con un'ottica psicologica e psicoterapeutica. Si tratta infatti del racconto di una accoglienza portata avanti nel corso di due anni, nei quali abbiamo potuto effettuare uno screening psicologico e seguire nel tempo 144 profughi. Le nostre tecniche di psicoterapia transculturale ci hanno permesso di evidenziare fin da subito gli eventuali disturbi psichici dei richiedenti asilo e di provvedere tempestivamente ad una terapia.In realtà dal centro di accoglienza ne sono passati più di 400, e per tutti ci sono stati colloqui e test, ma molti di essi sono rimasti per un tempo molto breve e nel libro non si parla di loro.

D. Che cosa ha comportato lavorare a contatto con culture differenti?
R. Avendo sempre lavorato con culture differenti, sia in Italia che all'estero, in particolare nel continente africano, non abbiamo avuto particolari problemi nell'approccio con nessuna delle persone accolte, anche se è stato a volte faticoso, poiché i tempi dettati dall'Emergenza Nord Africa erano molto stretti. Siamo, in un certo senso, "formate" alle dinamiche culturali, convinte che la cultura moduli lo psichismo, dunque il modo di essere.

D. Come è stato l'approccio con i casi senza disturbi psichici, e con quelli psico-patologici?
R. L'approccio è stato uguale per tutti: una riunione di gruppo (per ogni gruppo che arrivava) e poi colloqui individuali e test. Sia il primo colloquio che i test sono serviti per individuare eventuali disturbi psichici che ovviamente sono stati trattati nel lungo periodo. Alle persone senza disturbi psichici veniva dato un supporto, individuale o di gruppo, per iniziare al più presto un percorso di integrazione. Per quelle che invece evidenziavano problemi particolari, veniva attuata prima di tutto une terapia psicologica e/o farmacologica, a volte in collaborazione con un reparto di psichiatria, ove si rendesse necessario un ricovero.

D. Nel libro si afferma che "Certi ambienti culturali hanno convinzioni ampiamente condivise e culturalmente sancite che potrebbero essere considerate deliranti in altri contesti" quanto è frequente in generale? E più speficamente, è stato riscontrato nei casi citati nel libro?
R. Nel libro riportiamo due esempi, fra i casi con patologia, di persone che sono state ricoverate in reparti di psichiatria, a cui sono state fatte diagnosi diverse, nei vari ricoveri subiti o in ambulatori nei quali erano stati precedentemente inviati. Se il terapeuta non è preparato transculturalmente, può considerare anormale un certo tipo di comportamento che è normale nella cultura del paziente. Per esempio, avere colloqui con Dio, di qualsiasi Dio si tratti, è spesso considerato un delirio, quando invece è solo un modo per non sentirsi soli ed abbandonati, per chiedere aiuto. Quando si riesce a dare loro l'attenzione dovuta, parlando la loro lingua, ascoltando il loro dolore, e rassicurandoli, il dialogo ad alta voce con Dio diventa una semplice preghiera.

D. Le caratteristiche dei migranti che si avvicendano nel nostro paese e più in generale nei paesi occidentali stanno cambiando nel tempo? Se la risposta è sì, si modificano anche le tecniche di psicologia transculturale?
R. È vero che negli ultimi 5 anni le caratteristiche dei migranti sono molto cambiate, ma non cambiano le tecniche della psicoterapia tranculturale. Il che vuol dire, molto semplicemente "mettersi nei panni dell'Altro".

D. Ci spieghi come vengono utilizzati gli strumenti (identikit culturale, test proiettivi, scala dei valori ecc.) utilizzati che permettono all’operatore di entrare in contatto con la persona straniera?
R. L'identikit culturale si può utilizzare nel primo colloquio, man mano che si ricostruisce la storia del paziente. È uno strumento che ci guida nell'anamnesi, ma soprattutto ci dice fin da subito quanto il paziente è rimasto attaccato alla sua tradizione, oppure quanto è disponibile, psichicamente, ad allargare i suoi orizzonti culturali. Gli altri test si possono fare nelle sedute successive, per completare il quadro diagnostico.

D. Quali difficoltà si presentano nell'approccio con il migrante e nella somministrazione dei test?
R. Prima di tutto la lingua, se il terapeuta non riesce a comunicare con il paziente, non si può fare niente. Se si comunica con lui, non ci sono difficoltà nel porre le domande dell'identikit, mentre ce ne sono a volte con i disegni, per esempio, soprattutto se il paziente non è mai andato a scuola. Questo risulta ben evidente nei casi riportati sul libro.

D. Quale futuro per i migranti che arrivano nel nostro paese?
R. Un futuro estremamente difficile, sia per l'alto numero dei migranti che hanno fatto richiesta di asilo, sia per le difficoltà economiche del nostro Paese. Molti dei migranti di cui parliamo nel libro, a distanza di quasi quattro anni dal loro arrivo, vivono ancora ai margini della nostra società. Hanno potuto trovare lavoro, casa, amici etc. solamente quelli che avevano un diploma di scuola superiore o universitario, conseguiti al loro Paese, ed avevano quindi già una professione.

D. Come è cambiata l'accoglienza con la conclusione di Mare Nostrum?
R. L'operazione Mare Nostrum è terminata il 30 novembre, sostituita da Triton. Lo scenario dell'immigrazione è molto cambiato. Con Mare Nostrum arrivano, in certi momenti, circa 6000 migranti alla settimana. In Mare Nostrum erano impegnate 5 navi della Marina Militare, che arrivano fino ai confini con le acque territoriali libiche, cioè a 12 miglia dalla costa del Nord Africa ed il Mediterraneo era diviso in cinque rettangoli, quindi veniva coperto tutto il Mediterraneo. Con Mare Nostrum sono arrivati circa 70.000 profughi, da ottobre 2013 a novembre 2014.

Triton costringe le piccole navi o motovedette della Guardia Costiera a restare nelle acque territoriali italiane (anche se per fortuna o per necessità a volte non è così). Ciò significa che il viaggio è diventato troppo rischioso e le rotte sono cambiate. Ultimamente, salvo rare eccezioni, i migranti arrivano tutti da Turchia e Grecia. È importante sottolineare che dei 70.000 profughi sopradetti, circa 50.000 di loro sono siriani, 15.000 eritrei, ed i restanti 5000 provengono dall'Africa sub sahariana. Siriani ed eritrei non sono rimasti in Italia, se non obbligati dal Trattato di Dublino, ma hanno proseguito verso i paesi del nord Europa. Chi si è fermato, richiedendo asilo politico, proviene sempre da Gambia, Senegal, Mali, Sudan, Nigeria. Gli stessi paesi da cui provenivano i migranti degli anni precedenti.
L'accoglienza è stata ed è tuttora un disastro, come abbiamo potuto constatare dalle ultime inchieste giornalistiche alle quali tutti abbiamo avuto accesso.
Purtroppo, nonostante le denunce, nulla è cambiato, soprattutto nelle regioni del sud Italia.

 

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Marzia. Due donne, Marco Andreoli ci racconta il lungo viaggio di una donna a un bivio

IMG_20150110_154449Abbiamo incontrato Marco Andreoli in una fredda ma assolata mattina di gennaio, perché ci incuriosisce molto conoscere come e perché ha deciso di scrivere Marzia. Due donne.
Il mondo di una donna raccontato da un uomo.

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Redazione

Intervista a Marco Minelli autore di 101 Anagrammi Zen

foto minelli2Cosa accade quando uno psicologo, che è già impegnato nell’attività clinica di tutti i giorni, si appassiona anche all’enigmistica classica?
Per avere delle risposte a questa e ad altre domande, scaturite dalla lettura del libro 101 Anagrammi Zen nella collana Punti di Vista di Edizioni Psiconline, abbiamo intervistato l'autore Marco Minelli.

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Redazione

Intervista a Patrizia Del Verme, autrice del volume Il Training Autogeno

Patrizia_Del_VermeEdizioni Psiconline ha intervistato Patrizia Del Verme autrice del volume Il Training Autogeno. Come custodire e recuperare la salute, nella collana Punti di Vista.


"Gli atteggiamenti mentali, specialmente nei casi di stress, i pensieri, i sentimenti che custodiamo nel cuore, gli eccessi nel comportamento riescono ad alterare la salute. Alcuni specialisti sostengono e dimostrano che più dell’80 per cento delle nostre malattie organiche derivano dallo stress.copertina-il-training-autogeno-sitoi
Per stress intendiamo la somma delle reazioni messe in atto dall’organismo di fronte a qualunque stimolo fisico, ambientale, mentale o emozionale che tenda a perturbarne l’equilibrio. Quando tali risposte sono inadeguate o prolungate nel tempo si può giungere alla malattia, come dimostra la psiconeuroendocrinoimmunologia."

Ancora oggi la medicina ufficiale, nonostante tutto, continua a pensare alla salute come salute del corpo e quando parla di prevenzione fa riferimento soltanto all’alimentazione e all’attività fisica.
È dimostrato da più parti invece, come alcune tecniche psicologiche, soprattutto in situazioni di stress possano aiutare a mantenere l’equilibrio mente-corpo.
Una di queste è certamente il Training Autogeno di Schultz, una tecnica che Patrizia Del Verme pratica su se stessa e sui suoi pazienti da circa 30 anni e che ha alle spalle anni di ricerche in campo medico e psicologico.

Patrizia Del Verme è nata nel ’62 a Torchiara (SA) laureata in Psicologia all’Università degli studi di Roma “La Sapienza” specializzata in psicologia clinica e psicoterapia ad orientamento psicoanalitico e in varie tecniche psico-corporee e di rilassamento.
Svolge da circa trentanni attività clinica. Attualmente responsabile dell’U.O. di Psicologia dell’ASLSA distretto Sanitario di Capaccioni (SA). Si occupa anche di corsi esperienziali per l’equilibrio corpo-mente-spirito. Autrice di varie pubblicazioni in campo psicologico e relatrice in corsi di formazione e convegni.

Siamo molto curiosi di sentire dalla viva voce di chi la pratica da anni e da anni vede risultati molto positivi sui suoi pazienti, in cosa consiste questa tecnica di rilassamento, a chi si rivolge e quali effetti si possono ottenere mettendola in pratica.

D. Innanzitutto la ringraziamo per averci concesso questa intervista. Come nasce questo libro?
R. Avevo già da qualche anno iniziato a scrivere qualcosa sul T.A., perché è una tecnica che conosco bene e che pratico da circa trent'anni su me stessa e sui miei pazienti che seguo nella struttura sanitaria pubblica dove lavoro come psicologa e psicoterapeuta. La spinta forte però, è venuta da quando ho iniziato ad occuparmi di corsi esperienziali nel convento dei Frati Minori di Capaccio-Paestum, finalizzati a far acquisire conoscenze, modalità e tecniche per l’equilibrio corpo, mente e spirito. Questi corsi si pongono in un’ottica olistica della salute e sono affiancata solitamente da un naturalista e un sacerdote. Vengono sperimentate tecniche di comunicazione, di consapevolezza delle emozioni, di meditazione, di rilassamento ecc. Sono stati proprio i partecipanti ai corsi a chiedermi qualcosa di scritto e semplice sul Training Autogeno.

D. Come custodire e recuperare la salute. Sembra un titolo particolarmente impegnativo. Perché utilizzarlo?
R. Ritengo che la salute sia un dono, ma che debba essere coltivato in modo attivo. Il training è uno di questi modi, semplice ed efficace come dimostrano anni di ricerche in campo medico e psicologico. Non è infatti, una semplice tecnica di rilassamento, come solitamente viene definita, ma è una tecnica di trattamento, di cura, con mezzi psichici dei disturbi più svariati ed è finalizzata in primis al mantenimento di uno stato di benessere, con lo scopo di prevenire, permette di agire sugli effetti deleteri dello stress il quale è ritenuto da molti specialisti la causa dell’80% delle malattie; inoltre permette di curare, ha indicazioni elettive negli stati d’ansia, in ansie specifiche come parlare in pubblico in occasione di prove ed esami, in fobie singole, nei disturbi psicosomatici, nell’alterazione del ritmo sonno-veglia, nell’ipocondria ecc. Si ottengono sicuramente risultati positivi quando alla base di una affezione vi è l’alterazione dell’equilibrio del sistema nervoso vegetativo, nei disturbi prevalentemente organici il T.A. rafforza le cure mediche.

D. Nel libro si parla anche della possibilità di una diagnosi precoce con il T.A. di malattia anche tumorale. Riporti dei casi clinici...
R. Sono due i motivi per cui ciò è possibile:
1) dopo molto tempo di pratica del T.A. si verifica, come ho potuto sperimentare anche su me stessa, un’ aumentata capacità di percepire le sensazioni corporee e una maggiore consapevolezza in generale del proprio stato fisico e psichico. Effetto messo poco in rilievo dai grandi autori del T.A.;
2) durante la pratica iniziale degli esercizi fondamentali, come già riferiva Schultz, alcune percezioni disturbanti possono essere la spia di patologie non ancora evidenti. È stato possibile diagnosticare ad esempio, problemi circolatori in una donna che avvertiva dolore alle caviglie non appena ha iniziato ad effettuare gli esercizi del calore.

D. In che cosa si differenzia il suo volume da tante altre pubblicazioni sul T.A.?
R. Guida il lettore ad acquisire e a praticare da solo il T.A. di Schultz, gli esercizi inferiori, riportando anche i contributi di altri grandi autori del T.A.
Fornisce con un linguaggio semplice e discorsivo, suggerimenti ed accorgimenti pratici, senza perdere in scientificità, per apprendere il T.A. e su come affrontare eventuali difficoltà che si presentano, ad esempio le difficoltà di concentrazione durante gli esercizi. Il T.A. in effetti, andrebbe appreso con la guida di uno psicoterapeuta che lo utilizzi prima di tutto su se stesso, in un rapporto individuale o ancora meglio di gruppo. Ho potuto constatare invece, che molto spesso pseudo esperti affermano di praticare il T.A. di Schultz ma di fatto utilizzano tecniche di rilassamento di vario genere, per lo più forme di ipnotizzazione etero indotte cioè guidate e con le frasi più diverse e disparate. Autogeno invece, significa che si genera da sé, cioè le modificazioni somatopsichiche sono indotte dal soggetto stesso. Il training significa allenamento, cioè apprendimento graduale di una serie di esercizi di concentrazione psichica passiva. Per concentrazione psichica passiva si fa riferimento ad un atteggiamento passivo che consiste nel rappresentarsi mentalmente le varie formule proposte, che sono ben precise e sperimentate e a prestare attenzione a ciò che accade fisicamente ed emotivamente mettendo da parte la volontà e l’imposizione. La prima formula effettiva ad esempio, è “braccio destro pesante”. Si chiede alla persona mentre si ripete mentalmente la formula, per 5-6 volte di immaginare le sensazioni di pesantezza nei muscoli del braccio, e a prestare attenzione a ciò che prova fisicamente ed emotivamente. Per le persone che hanno scarsa capacità ad immaginare propongo degli accorgimenti che permettono di sperimentare la pesantezza.

D. Il libro è molto dettagliato e si parla di formule di proponimento, di visualizzazione...
R. Da quanto abbiamo detto il T.A. è un’autoipnosi, pertanto, con l’utilizzo di formule specifiche, intese come compiti, comandi autoipnotici, introdotte dopo gli esercizi fondamentali, c’è la possibilità di ottenere quanto desiderato a livello fisico o psichico. Ad esempio, per una persona che prova ansia in ogni situazioni nuova, una formula di proponimento potrebbe essere “sono tranquillo e rilassato in ogni occasione”. Vengono fornite formule di proponimento già sperimentate ed indicazioni su come elaborarle. È importante inoltre, visualizzare i contenuti della formula e viene spiegato come.

D. Che cosa si avverte nel fare il T.A. già nei primi esercizi? Quali le sensazioni principali?
R. Rilassatezza fisica con sensazioni fisiche piacevoli, mente libera e consapevolezza del qui ed ora.

D. Quali sono gli effetti principali del T.A.? Quali i vantaggi per chi decidesse di utilizzare questo metodo...
R. I principali effetti sono:
- riposo: la sensazione di sentirsi freschi, riposati e nuovamente carichi di energia;
- aumento della concentrazione e della memoria;
- autosedazione (smorzamento della risonanza emotiva);
- miglioramento delle prestazioni lavorative, sportive, artistiche ed eliminazione di errori e disturbi;
- innalzamento della soglia del dolore;
- autoregolazione delle funzioni corporee normalmente involontarie.

D. È necessaria una particolare situazione per allenarsi? Bisogna assumere posizioni precise?
R. Sono necessarie posizioni ben precise e un luogo tranquillo nella fase di apprendimento del T.A.,  fornisco suggerimenti per esercitarsi anche sul luogo di lavoro. In seguito può essere attuato dovunque e comunque, dal momento che si impara ad estraniarsi.

D. Quale è l’elemento principale che permette di riuscire bene nel T.A.?
R. Avere ben chiara la visione personale, la visione di ciò che si desidera per sé. Può essere una visione di salute, per altri di raggiungimento della quiete dei sensi, del silenzio interiore che è la condizione necessaria per pregare o semplicemente di rilassamento.

D. Quello che ci ha detto finora sembra davvero interessante. Ancora una domanda: a chi si rivolge questo libro?
R. A tutti. Vuole essere un libro divulgativo, ma primariamente a persone che intendano utilizzare il T.A. a fini preventivi, soprattutto in situazioni di stress, e a quelle che presentano problemi ansiosi e psicosomatici ma non già strutturati, cronicizzati, poiché in questi casi è necessaria la guida di uno psicoterapeuta in un rapporto individuale o di gruppo. Si rivolge anche agli addetti ai lavori in quanto viene suggerito come affrontare alcuni fenomeni che avvengono durante il T.A., ad esempio le resistenze, soprattutto in un contesto psicoterapeutico.
Voglio concludere a proposito, con alcune frasi della prefazione, scritte dalla prof.ssa Lidia Provenzano, docente di tecniche del colloquio psicologico della facoltà di medicina e psicologia dell’università di Roma “la Sapienza”:
“Questo lavoro si rivolge a tutti coloro che pensano che il destino non sia una fatalità e che sia possibile intervenire nello sviluppo della propria vita e che se ne possa modificare favorevolmente il corso nonostante la malattia, la sofferenza e la morte. Scegliere coscientemente di vivere il benessere, la gioia, i sentimenti positivi, non nutrire quelle che Spinoza definisce “le passioni tristi” non significa che si è incoerenti, superficiali o egoisti, al contrario è far di se stessi individui capaci di contribuire alla costruzione di un mondo migliore diffondendo serenità, gioia ed equilibrio intorno a sé”.

 

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Redazione

Intervista a Rachele Magro curatrice di Oltre le stelle. Vissuti ed emozioni di famiglie militari italiane

copertina Oltre le stelle sitoA pochi giorni dalla pubblicazione di Oltre le Stelle. Vissuti ed emozioni di famiglie militari italiane, collana Punti di Vista, Edizioni Psiconline, abbiamo intervistato la curatrice Rachele Magro.


rachelemagroRachele Magro è psicologa-psicoterapeuta ed è Presidente ASPIC- Sede territoriale di Viterbo dal 2009. Impegnata dal 2004 nel campo dell’emergenza in vari progetti di formazione, prevenzione e sostegno psicologico rivolti alla popolazione e alle varie figure professionali.
Ha attivato dal 2004 al 2006 un progetto come psicologa volontaria in un Reggimento Operativo svolgendo attività di supporto psicologico ai militari impiegati all’estero e alle loro famiglie, proseguita in seguito con il lavoro clinico nell’attività privata a supporto degli operatori dell’emergenze. Autrice del libro “Cuore di Soldato” – Edizioni Psiconline.

Il libro raccoglie storie di donne che hanno scelto di condividere la propria vita accanto a uomini in divisa e di figlie che invece la vita militare l’hanno conosciuta nel corso della loro esistenza.
Si tratta di una serie di testimonianze raccolte dall’Associazione L’Altra Metà della Divisa e poi rielaborate ed inserite da Rachele Magro in una cornice che ne inquadra e analizza in modo professionale la psicologia e la capacità di reazione agli eventi imprevisti, racconti personali rilasciati da mogli e compagne – c’è anche una figlia – di militari di ogni grado e forza armata.
Storie profonde che molto spesso evocano più che descrivere, nel pudore prima umano che d’ordinanza, e che lasciano cogliere una quotidianità complessa e complicata dalle regole della vita militare.

Rappresenta un’iniziativa all’interno del progetto dell’Altra metà della Divisa, associazione no profit nata per iniziativa di donne, compagne di militari, consapevoli dell’indispensabilità di una rete di supporto, allo scopo di condividere esperienze e difficoltà, sensibilizzare e sostenere le famiglie militari.


D. Vogliamo iniziare questa intervista con una domanda fortemente provocatoria:

il libro racconta storie di famiglie militari, viste dall'interno,  perché dovrebbero interessarci?
R. Perché queste famiglie rappresentano uno spaccato di italianità che stiamo perdendo, perché dobbiamo riprovare ad amare il nostro Paese che questi uomini in divisa e le loro famiglie con i loro sacrifici raffigurano. Nella città dove abito io c'è almeno un uomo o una donna in divisa in molte famiglie: è giusto e doveroso riconoscere a questi uomini e donne il valore e comprenderne le fatiche, i disagi e le sofferenze ma anche le capacità di risollevarsi e di rimboccarsi le maniche quando la situazione lo richiede, per costruire una rete di supporto sempre più efficace.

D. Le storie raccontate nel volume sono davvero interessanti e illustrano  dal di dentro la vita delle coppie che hanno scelto di condividere una avventura come quella militare. Quale motivazione spinge queste donne a  raccontare il proprio vissuto?

R. La scelta di raccontarsi è nata dall'iniziativa di alcune donne interne all'Associazione L'Altra Metà della Divisa pensando che condividendo esperienze e vissuti non solo permettevano ad altri di conoscere un mondo spesso invisibile, ma soprattutto aiutavano le altre famiglie a riconoscersi e a non sentirsi sole nei momenti di difficoltà. L'intento è far conoscere al mondo militare e alle famiglie che c'è qualcuno che si sta attrezzando per dare risposte e che insieme si può fare di più e meglio. L'Associazione in questi due anni ha aiutato tantissime famiglie.

IMG 0358D. Come curatrice del volume ti sei trovata ad ascoltare storie che  potevano essere più o meno coinvolgenti perché scegliere quelle pubblicate?

R. Le storie arrivate sono state davvero tante. Alcune donne invece le conoscevo, ne avevo seguito le vicende e insieme all'Associazione le abbiamo aiutate a trovare nuove e più funzionali soluzioni, a volte abbiamo solo cercato di essere presenti, in ascolto, a sostegno. Ho scelto così di costruire un percorso rispetto alle tematiche più importanti e comuni che in questi 10 anni di attività in questo campo accanto alle famiglie militari e agli uomini e donne in divisa, avevo affrontato. Sono tematiche piene di significato per questo tipo di vita e soprattutto accumunavano più vissuti. Il senso era quello di far emergere i punti di forza, la capacità di far fronte agli eventi critici di queste mogli e madri, la loro resilienza per costruire una nuova ottica "di possibilita'", di nuove occasioni; quasi come guardare la parte del bicchiere mezzo pieno. "Se ce l'hanno fatta loro posso farlo anche io!"

D. In una raccolta come questa si è portati a pensare che tutto si concluda  con il lieto fine. Come mai hai scelto di raccontare anche storie che  si concludono in modo problematico?
R. Purtroppo la vita è fatta anche di cadute, di muri difficili da scavalcare, di momenti di crisi che sembrano infiniti. Qualcuno non ce l'ha fatta a trovare la rete di supporto giusta per procedere verso il benessere. Io li chiamo "maladattamenti". In questi casi, che purtroppo ce ne sono tanti, è necessario fare di più, trovare altre strade, altre alleanze e non sempre è facile. Alcune donne non siamo riuscite ad aiutarle, e dobbiamo fare anche i conti con la nostra frustrazione e il senso di colpa di operatori della relazione d'aiuto.
La storia di Catia, ad esempio, è quella che più mi è rimasta nel cuore, ma invece che cestinarla ho scelto di darle voce. Ne ho sentito l'obbligo.

D. Non ci sono storie di donne militari è una scelta precisa o è una casualità?
R. È una casualità e in parte una conseguenza del fatto che la parte più attiva dell'Associazione è fatta di donne che la divisa non la indossano, ma se ne prendono cura in altro modo. Sono la parte più forte di questo sistema ma hanno anche bisogno di un luogo dove potersi riposare un po' e pensare che qualcuno possa farsi recipiente di ansie e preoccupazioni per permettere al loro uomo in divisa di lavorare serenamente. Il motto è: una famiglia felice fa un soldato sereno.

D. Da quello che emerge nel libro, il mondo militare è decisamente complesso e sfaccettato. Ci può essere spazio per la diversità?

R. Il mondo militare è pieno di diversità, di uomini e donne che provengono da ogni parte d'Italia, ognuno che porta con se la sua storia, i suoi valori e i suoi riferimenti. È al contempo un mondo rigido e strutturato nella modalità e nelle funzioni e fa molta fatica, a mio parere, ad interfacciare Istituzioni e famiglie, anche il rapporto tra mondo militare e civile è ad oggi complicato.
Noi vorremmo andare oltre.

D. Anche in questo caso l'associazionismo fornisce la via di compensazione alle angosce individuali quanto può essere considerato in effetti utile?

R. Direi fondamentale. Ricevo tantissime email a settimana da parte di famiglie che si rivolgono a noi: è un canale aperto, accessibile e sempre disponibile.
L'Associazione in questo campo è fondamentale ma bisognerebbe attivare più canali di dialogo e confronto affinché le famiglie si sentano più riconosciute.
È un luogo dove puoi darti una mano reciprocamente senza sentirsi isolata e poi trovi sempre qualcuna che può dirti "ti capisco, ci sono passata anche io, ma vedrai che troviamo insieme una nuova strada".

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Redazione

Padroni della nostra vita di Gaetano Cotena: intervista all'autore

cotena1In occasione della pubblicazione  in versione Ebook del libro Padroni della nostra vita. Essere autentici per realizzare i nostri desideri - Edizioni Psiconline, abbiamo intervistato l'autore Gaetano Cotena.


Ringraziamo Gaetano Cotena per la disponibilità dimostrata nonostante i numerosi impegni di lavoro, però per noi è davvero importante intervistarlo prima dell'inizio delle ferie estive, per dare ai nostri lettori la possibilità di conoscere meglio il suo libro, di cui abbiamo già parlato nelle scorse settimane e che ora è disponibile anche in formato epub da leggere comodamente su computer, e-readers, iphone, ipad, kindle, kobo.

copertina padroni della nostra vitaD. La consapevolezza di non essere realmente padroni della nostra vita, può sconvolgere e indurre a ripensare la propria vita lavorativa, affettiva,
familiare, ecc. e travolge chi ne prende consapevolezza e vuole
cambiare. Ma si può sempre cambiare o a volte la vita ci imbriglia e
vincola irrimediabilmente?
R. La vita non può imbrigliarci inevitabilmente, siamo noi padroni di scegliere il percorso affettivo e di lavoro che esaudisce i nostri bisogni. Ad ognuno il compito di prendere consapevolezza di quali siano e di come soddisfarli. Non è la vita che imbriglia, ma noi che ci facciamo imbrigliare dalla vita.

D. È frequente che quello che si desiderava fare da bambini venga messo a
tacere per dare credito all'adulto, solo all'adulto. È possibile in età adulta
ascoltare la voce del proprio bambino interiore?
R. Sì, è possibile. Integrando il desiderio e i sogni della nostra parte creativa e più vera con la realtà e le possibilità offerte dal presente.
È fondametale che i nostri desideri non vengano sacrificati per l'immagine o per dare credito alle aspettative esterne. Se ci accorgiamo che non riusciamo da soli in questo intento possiamo chiedere aiuto.

D. Qual è il nostro copione di vita, la decisione che a un certo punto abbiamo
preso da piccoli su come la nostra vita sarebbe andata? Si può stravolgere il
nostro copione?
R. Il copione è una strategia di adattamento che abbiamo adottato in risposta alle situazioni che la vita ci ha presentato nelle prime fasi di vita. Un certo grado di adattamento e di automatismo nelle risposte è necessario, ma quando la risposta e la modalità copionale diventa disfunzionale non dando la possibilità di scegliere risposte alternative a quella automatica, allora è possibile per la persona  imparare nuove modalità di risposta più funzionali e più adeguate alla realtà, difronte a situazioni problematiche.

D. Riuscire a svolgere un lavoro che gratifichi la parte più vera di noi, ci
permette di limitare quel meccanismo di compiacenza e di far coincidere sempre più quello che desidera il nostro capo, con quello che vogliamo noi. Quando ci si rende conto di essere stati per molto tempo compiacenti e di aver sacrificato la parte vera di sé, come ci si può risollevare da questa
condizione rimediando a questa situazione?
R. Rivalutando il proprio bisogno e accorgendosi che la compiacenza se diventa parte costante delle nostre giornate non può non portare ad un sintomo.

D. Cosa significa fare attenzione al bisogno interiore?
R. Significa dare voce alla parte più autentica di noi. Significa ascoltare e dare credito alle proprie emozioni, che anche quando sono negative, rappresentano una bussola per la nostra esistenza.

D. Quali sono i principali meccanismi psicologici che se perpetrati e ripetuti possono dare luogo ad alcune patologie, partendo dall’assunto che molti di questi meccanismi sono non solo presenti tra genitori e figli, ma insiti, ad un livello macro, anche nel rapporto tra dipendente e azienda. Come riuscire a prenderne consapevolezza?
R. Compiacenza, simbiosi, narcisismo, sono alcune delle condizioni psicologiche che si vivono nelle organizzazioni o in alcune relazioni disfunzionali. La presa di consapevolezza avviene ascoltando cosa manca alle nostre vite, perché è solo partendo da ciò di cui abbiamo bisogno, che possiamo andare a cercarlo nel mondo.

cotena2D. Perché le emozioni sono così importanti? Anche in un contesto aziendale?
R. Perché ci comunicano se stiamo realizzando i nostri compiti evolutivi.
Appartenenza e autonomia sono due delle nostre pulsioni primarie, e una vita felice non è possibile se non le realizziamo entrambe. Nel mondo aziendale spesso è appagata prevalentemente solo la pulsione di appartenenza. Per questo è necessario a mio avviso la presenza di uno psicologo clinico, come consulente esterno disponibile all'ascolto e all'accoglienza, ma anche come figura di accompagnamento nella consapevolezza dei bisogni non soddisfatti nei contesti aziendali

D. Come fare per individuare cosa motivi una persona un lavoratore?
R. Questa è una domanda che va rivolta alla psicologia del lavoro.
Nell'ottica clinica, che è quella di cui mi occupo, non si tende a motivare il lavoratore perché parte dal presupposto che se il lavoratore sente che quello in cui lavora e'il posto in cui può soddisfare i suoi bisogni evolutivi sarà anche motivato ad impegnarsi e ad apprendere. Fuori da questa considerazione, la motivazione indotta da corsi di formazione o altri interventi simili, ha il solo risultato di raggirare la radice del problema, non facendo il bene del dipendente e della consapevolezza dei propri desideri più veri.

D. Cosa può fare concretamente chi contando sul sostegno economico fornito
dall'azienda ne subisce in qualche modo il ricatto?
R. Domandarsi se vuole vivere tutta la vita in quel ricatto, oppure se vuole una vita autentica, fuori dall'immagine e dalle lamentele con cui si aspetta l'arrivo del venerdì. Perché non è mai tardi per rimettersi in gioco e investire in un altro percorso lavorativo.

D. Si può conservare nella vita adulta, soprattutto nel lavoro la creatività
che alimenta la nostra parte bambina?
R. Si. E dobbiamo dargli voce per evitare che si manifesti in un sintomo.

È stato molto piacevole intervistare il nostro simpaticissimo autore, che ringraziamo e al quale auguriamo buone vacanze.

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Redazione

La verità sospesa di Gabriella Giordanella Perilli. Intervista all'autrice

giordanella2La verità sospesa  di Gabriella Giordanella Perilli nella collana A Tu per Tu - Edizioni Psiconline è disponibile anche in versione ebook.
Di seguito l'intervista all'autrice in occasione della pubblicazione del volume nel formato epub.

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Redazione

Dire addio alla fame nervosa. Intervista all'autrice Rosanna Bellanich

bellanichChe cos’è che ci fa mangiare a dispetto della nostra volontà e ci rende schiavi di questo strano comportamento, magari proprio quando desideriamo perdere qualche chilo e cerchiamo di controllare la nostra alimentazione?

Intervistiamo Rosanna Bellanich autrice di Dire addio alla fame nervosa, Edizioni Psiconline per avere delle risposte a questi e ad altri quesiti.






copertina dire addio alla fame nervosaLa invitiamo nella nostra redazione dove comodamente seduti  sorseggiamo un cappuccino fumante  accompagnato da un fragrante cornetto ripieno di marmellata. A metà mattina, soprattutto se la giornata comincia molto presto, la fame si fa sentire, fame e voglia di qualcosa di gustoso...

Ringraziamo la Dott.ssa Rosanna Bellanich per averci fatto visita, nella nostra redazione. La ringraziamo soprattutto perché ha risposto esaurientemente alle nostra domande, che abbiamo elaborato cercando di interpretare le aspettative dei nostri lettori.

D. Come definirebbe il suo libro? Una guida, un manuale o cosa?
R. Una simpatica guida.

D. Quando ha deciso di scrivere questo libro? Cioè quando e perché ha sentito il bisogno di scrivere?
R. Quando ho notato che molti pazienti mi parlavano della fame nervosa che li tormentava e che non riuscivano a placare.

D. Perché ha scelto Edizioni Psiconline?
R. Perchè mi sembra una casa editrice molto seria e adatta al mio  libro.

D. Il problema del sovrappeso o anche della incapacità di regolarsi nella assunzione del cibo riguarda moltissime persone di tutte le età,  quali soluzioni sono possibili per imparare a nutrirsi senza aumentare di peso per bambini adulti e anziani? Gli  interventi sono diversi a seconda dell'età?
R. Gli interventi cambiano a seconda delle fasce di età, per esempio ai bambini è sconsigliato prescrivere diete: meglio incrementare l'attività fisica e nello stesso tempo attuare un intervento educativo che coinvolga la famiglia.
Comunque un'alimentazione sana, che insegni a riconoscere e a rispettare i bisogni fisiologici della fame, della sazietà e del piacere del gusto può essere un vantaggio per tutti.

bellanichD. Si può prevenire il sovrappeso dell'età adulta fin dall'infanzia?
R. Certamente, con una sana alimentazione e uno stile di vita adeguato.

D. Se il senso della fame fa sragionare negli orari non propriamente  riservati ai pasti, ad esempio a metà mattina, durante le ore di lavoro, quando insomma non c'è molto tempo per mangiare, come fare per saziarsi  senza ingurgitare cibi spazzatura?
R. Se si ha fame fuori pasto è segno che siamo a corto di energia.
Si può ovviare a ciò mangiando un pò di più a colazione, oppure consumare un piccolo spuntino (es. qualche tarallo o cracker semplice o fette biscottate, o anche solo 1 yogurt o 1 cappuccino) nei momenti di crisi.

D. Perché non sappiamo resistere alla tentazione di assumere dolci di tutti  i tipi, perchè chi è goloso e non può fare a meno di mangiare dolciumi,  avverte di avere reali crisi di astinenza quando non li mangia?
R. Perchè i dolci sono buoni e in genere piacciono. Ricordo che il piacere del gusto è uno dei fattori fisiologici responsabili della autoregolazione alimentare. C'è chi
va matto per il gusto dolce e chi va matto per il salato. È normale. Bisogna stare attenti però che la voglia di dolci non sia l'indicatore che stiamo mangiando troppo pochi carboidrati, questi sono indispensabili per il nostro organismo e se ne avverte la carenza li pretende.

D. La sazietà serve a farci capire che abbiamo mangiato  a sufficienza. Quali consigli dà a chi, nonostante il senso di sazietà  si faccia sentire, non riesce a dire no alla tentazione di ingurgitare  altro cibo soprattutto dolciumi?
R. Bisogna scoprire quella cosa che fa succedere che, anche se un individuo è sazio, ingurgita dolci. Di solito questo è molto soggettivo, questo pezzo lo svolgo durante gli incontri individuali con i pazienti. C'è sempre una ragione, anche nascosta, ma c'è.

D. Quali consigli dà a chi vuole iniziare a dimagrire ma non è mai riuscito  a seguire una dieta né ad iniziare una attività sportiva anche solo la  cyclette?
R. Bisogna lavorare insieme analizzando bene le difficoltà incontrate e gli obiettivi che ogni persona ha.

D. Ma in effetti esiste o no la cosiddetta fame nervosa? E chi ne è afflitto?
R. La vera fame nervosa, cioè quella dettata dalle emozioni negative, è molto rara, di
solito si tratta di vera e propria fame che viene troppo spesso negata, con
l'intento di dimagrire, e che ad un certo punto scoppia in modo incontrollabile.

D. Esistono persone in perenne conflitto con il cibo? Dopo le abbuffate dei giorni di festa quali sono i consigli per i giorni  successivi?
R. Sì in effetti esistono. Riprender a mangiare un modo sano e a fare un po' di esercizio fisico, non saltare i pasti, perchè questo incrementa la fame e rende più difficile seguire uno schema alimentare regolare.

D. Spesso risulta difficile a chi vuole perdere anche solo qualche chilo,  riuscire ad ottenere risultati oppure, una volta ottenuti mantenere il  proprio peso ideale per sempre, sembra quasi che per alcuni il  sovrappeso sia qualcosa di inevitabile, è possibile farcela?
R. Il decremento ponderale avviene in modo lento! Ogni chilo perso significa che si è ottenuto un deficit calorico di 7000 calorie! Per questo motivo perdere peso è
difficile.
Poi c'è la genetica che gioca contro: i figli di genitori sovrappeso hanno buone probabilità di sviluppare prima o poi un sovrappeso.
Poi c'è la questione del metabolismo: alcune persone hanno un metabolismo veloce e bruciano di più, altre persone meno, comunque con un'alimentazione sana e un adeguato stile di vita i risultati (chi più e chi meno) ci sono.

D. Una volta riusciti a perdere peso una volta raggiunto il peso ideale è  possibile mantenerlo per sempre senza ricorrere a vere e proprie privazioni?
R. Il segreto per mantenere il peso è l'attività fisica regolare. Con questa ci si
può permettere di mangiare qualcosa in più e mantenere il peso.

D. Quando ci si  accorge di essere un po' o un po' troppo in sovrappeso e si avverte  impellente il bisogno di perdere almeno qualche chilo, è già troppo tardi  per rimediare ai chili di troppo?  Quali trucchi, strategie consiglia a  chi deve perdere finalmente quei famosi chili di troppo. È una missione impossibile?
R. Non è una missione impossibile, bisogna seguire una dieta sana e un po' di moto: il peso scenderà di conseguenza. Certo evitare di affamarsi con diete estenuanti: queste incrementano la fame che si ripresenterà molto presto in modo rabbioso e incontrollabile.

D. Dopo aver scritto "Dire addio alla fame nervosa", ha in progetto un altro volume dedicato a questo argomento?
R. Sì. Ho appena terminato un altro manuale che spiega come mantenersi sani e in forma senza ricorrere a diete estenuanti, ma mangiando il giusto con il giusto piacere, mantenendosi in equilibrio tra croci e delizie, diletti e regole e vivere a lungo felici.

Ringraziamo la dottoressa Bellanich per l'entusiasmo con cui ha risposto alle nostre domande e ci auguriamo di poterla avere presto, di nuovo ospite della nostra Redazione.

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Anoressia e Bulimia. Quali Emozioni? di Paolo Palvarini. Intervista all'autore

IMG 1296Edizioni Psiconline ha intervistato Paolo Palvarini autore di "Anoressia e Bulimia. Quali emozioni? L'approccio dinamico esperienzale" nella collana "Strumenti" (398 pagine € 28,00).

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Redazione

Patologia della coppia. Relazioni e dintorni. Intervista a Virginia Maloni

cop patologia coppiaAbbiamo intervistato Virginia Maloni,  l'autrice di Patologia della coppia. Relazioni e dintorni - Edizioni Psiconline,  70 pagine in formato 15x21, prezzo 12,00 euro.


L'autrice analizza gli aspetti che caratterizzano un rapporto di coppia, ripercorrendo quelle che sono state le trasformazioni dei codici di rappresentazione soggettivi e sociali della struttura socio-relazionale della coppia post-moderna,  mettendo insieme storia ed esperienza clinica, perchè se la famiglia nucleare va in crisi e si apre verso nuove forme di socialità allargata: questo non vuol dire per forza dissoluzione della famiglia, ma l’esigenza di strutture famigliari più forti in grado di andare oltre il modello famigliare.

2Questa breve trattazione anche se ricchissima di spunti di riflessione, non esaurisce di certo l'argomento attualmente molto sentito, perchè la società in cui viviamo è soggetta a cambiamenti e trasformazioni anche talvolta radicali, per cui molto c'è ancora da studiare e analizzare.
Per questo abbiamo ritenuto opportuno intrattenere una piacevole conversazione con l'autrice Virginia Maloni, selezionando domande che pensiamo rappresentino un po' la curiosità dei lettori.

La nostra gentilissima autrice ci riceve nel primo pomeriggio nel suo studio, dedicandoci  un po' del suo tempo. Certo il viaggio ci ha un po' affaticati e ci ha fatto venire anche un po' di appetito per cui volentieri assaporiamo i pasticcini speziati che si accompagnano molto bene ad una fumante tazza di tè nero.
Così quasi senza accorgercene è trascorsa quasi mezz'ora dal nostro arrivo e ci rendiamo conto che non possiamo sottrarre altro tempo al lavoro della nostra autrice, quindi iniziamo con le domande... la ragione della nostra visita, che credo non sarà l'unica data l'ospitalità di Virginia Maloni.

D. Ti ringraziamo innanzitutto per la tua ospitalità e veniamo alla prima domanda.
Un tempo il progetto era sposarsi e mettere su una famiglia; oggi è vivere insieme un’intensa vita amorosa e agire a fianco a fianco nel mondo. Si nota spesso una equazione coppia=famiglia. Il legame di coppia per essere perf
etto deve sempre generare una famiglia?
R. No, il legame di coppia non deve generare per forza una famiglia, se i partner sono in sintonia ed il loro progetto di vita non prevede un figlio e quindi una trasformazione in un nucleo famigliare, parliamo di coppia e di relazione e non di famiglia. Probabilmente le coppie sono meno pronte di una volta per questo passaggio evolutivo.

D. Tu affermi che il sesso servirebbe principalmente ad alleviare sentimenti spiacevoli derivanti da un senso di inadeguatezza personale, per provare la propria attrattiva fisica o desiderabilità sessuale e per esorcizzare l’età che avanza, quanto ritieni importante la sessualità nella vita di coppia? Quale posto dovrebbe occupare in una relazione?
R. Affermare che il sesso riempia momenti di inadeguatezza, significa inserire questa frase in un contesto di non serenità e di non equilibrio della coppia. Parliamo appunto di patologia. In che senso? Come spiego nel libro, ritenendo che la sessualità è una componente di scambio molto importante, cosi come l'affettività, l'accudimento e la complicità, ritengo che quando si entra in coppia proiettando sull'altro solo i propri bisogni e i propri disagi, anche il sesso viene vissuto in maniera non naturale e del tutto come un' "acting", che allontana dalla piena consapevolezza e percezione sana delle proprie percezioni.

D. Un dramma tipico dei nostri tempi è l’innamoramento da fuga. L’innamoramento esplode, quando due persone sono insoddisfatte della situazione in cui vivono, dei rapporti che hanno e sono pronte a mutare. Questo tipo di innamoramento è più frequente negli uomini o nelle donne? E davvero genera solo fallimenti?
R. L'innamoramento da fuga, tipico della nostra epoca, è diffuso sia negli uomini ma anche nelle donne. Non sempre sono dei fallimenti, molte relazioni che nascono da una pura attrazione sessuale si trasformano in coppie solide e complici. Ma, se il presupposto che mi apre verso una conoscenza è solo la fuga, sicuramente non possiamo parlare di "Noi", di coppia, di famiglia.

D. I casi clinici che tu hai riportato hanno come protagoniste figure femminili, le patologie dei legami si riscontrano con più frequenza nelle donne?
R I casi clinici da me riportati, evidenziano come la sensibilità e la fragilità femminile risenta maggiormente della precarietà delle relazioni di coppia. Per quanto la donna si sia emancipata e l'uomo abbia ricoperto ruoli diversi, rimane il desiderio di sicurezza e di stabilità che come ho detto prima, non per forza porta alla creazione della famiglia, ma deve inevitabilmente portare alla costruzione di un qualcosa insieme, di un progetto comune che non lasci la sensazione del "nulla" e dell'aver passato solo un po' di tempo insieme.

D. Quale futuro è possibile prevedere per la coppia moderna, in questa società soggetta a rapidi e significativi cambiamenti?
R. La coppia moderna sta cambiando ancora mentre noi parliamo e attraversa molte difficoltà, dovute alla labilità dei dintorni economici, valoriali e sociali. Ma sono fiduciosa che l'individualismo che ci sta caratterizzando, possa avere su di noi, un effetto di una sensazione talmente di chiusura, che tornare alla comunità, alla chiesa ed al senso di appartenenza, ci verrà naturale poichè, citando Freud, siamo "animali sociali", fatti per stare insieme, condividere, costruire. Ogni paura va affrontata, nonostante periodi bui e decisioni che non sempre vengono prese con lucidità, visti i molteplici matrimoni che finiscono non appena iniziano le difficoltà. La vera passione, i veri sentimenti, l'autenticità delle proprie scelte, senza giudizi morali, può portare alla costruzione di "NOI STESSI AUTENTICI", che incontriamo "UN ALTRO AUTENTICO", con il quale condividere uno spazio reale.

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Redazione

Intervista a due voci agli autori di Attimi Paralleli

Cop Attimi paralleliPubblicato da poco per i tipi editoriali di Edizioni Psiconline, ATTIMI PARALLELI. UNA STORIA A DUE VOCI, (A Tu per Tu, pp.gg. 214, formato 15x21, rilegato in brossura, € 16.00) si presenta come un volume interessante e ricco di implicazioni profonde ed attira l'interesse del lettore sia per il suo contenuto che, in particolare, per lo stile con cui è stato scritto. Ogni capitolo, infatti, ha una "doppia versione", quella dalla parte di lui e quella dalla parte di lei. Colpiti dai contenuti del libro, abbiamo voluto intervistare i due autori, Antonio Di Giovanni e Carmela Ferrara, per cercare di penetrare in profondità i segreti e le motivazioni che stanno dietro ad un romanzo così particolare.


Comodamente seduti e decisamente rilassati, quasi dovessero parlare di cose non loro, Antonio e Carmela si preparano a rispondere alle nostre domande che vogliono "essere dalla parte del lettore" per comprendere e penetrare nelle profondità di un libro che si presenta ricco di emozioni già a partire dalla tecnica con cui è stato scritto.

 

Partiamo proprio da questo  e chiediamo ad Antonio Di Giovanni il perché di questa scelta così particolare e nuova...

digiovanni 300x300Entrambi, senza saperlo, stavamo scrivendo un romanzo separatamente. Entrambi avevamo in mente qualcosa di simile a quello che è poi diventato “Attimi Paralleli”. Poi dopo esserci conosciuti su Facebook ed aver parlato a lungo dei nostri rispettivi progetti , ci è sembrata una buona idea quella di creare due “Io narranti” che raccontassero la stessa storia, ognuno dal proprio punto di vista, con la particolarità che quello maschile si alternasse a quello femminile. Abbiamo voluto sperimentare questa tecnica, se vogliamo, pionieristica, dove alla parola scritta venisse affidata una funzione filmografica. Diciamo, quasi a volerle attribuire il pregio della narrativa scritta mescolata alla vicenda cui si sta per assistere. Quasi una messa in scena filmica accompagnata dalla scrittura, come una sequenza di sottotitoli che richiamano i personaggi e le situazioni all’interno dell’azione stessa.

 

A Carmela Ferrara, invece, chiediamo cosa si provi a doversi costantemente confrontare, da scrittrice, con un partner che, dall'altra parte, scrive dello stesso argomento ma in modo diverso...

E’ stato molto stimolante e divertente, in quanto eravamo al tempo stesso, scrittori e lettori. Antonio scriveva il suo capitolo e me lo inviava via mail ed io, sulla base del suo, scrivevo il mio. Successivamente avveniva il contrario. Benché ci fosse un canovaccio ben definito da seguire, nessuno dei sue sapeva cosa avrebbe scritto l’altro e lo scopriva solo al momento in cui lo leggeva. Si era creata una sorta di corroborante competizione, che andava oltre la scrittura, per diventare una sfida di genere. Infatti, mentre Antonio, faceva agire Alex sulla base di presupposti prettamente maschili, io muovevo Loreley al femminile, in un gioco altalenante di azione e reazione a ciò che era scritto nel capitolo dell’altro. Si era innescato un meccanismo del tipo: “Alex ha fatto questo? Allora Loreley farà quest’altro” e viceversa. Tutto ciò, ha creato una fortissima immedesimazione da parte nostra, nei personaggi che, però ad un certo punto hanno acquistato vita propria, prendendo il sopravvento. E così, se all’inizio eravamo noi a manovrare i fili delle loro azioni, dopo un po’ ci siamo accorti che erano loro a muovere noi, comportandosi così come due persone di quel tipo si sarebbero comportate in determinate situazioni, indipendentemente dalla volontà dello scrittore. 

 

Ci incuriosisce, in ogni caso e lo chiediamo ad entrambi, il perché di questa scelta. Come è stata ideata, praticata ed infine pubblicata...

 ferrara 300x300La scelta di scrivere un romanzo con questa tecnica è derivata dalla volontà di descrivere i due universi (maschile e femminile) effettivamente da due punti di vista, ossia quello dell’uomo e quello della donna. Pertanto usando la particolarità della tecnica cinematografica, del campo e del controcampo, abbiamo potuto sviluppare separatamente le volontà e le riflessioni dei due protagonisti. Ognuno di noi da solo avrebbe potuto descrivere entrambi i ruoli, come altri scrittori hanno fatto, ma il lavoro, a nostro avviso, si sarebbe rivelato riduttivo e incompleto. Un uomo, per quanto possa sforzarsi di interpretare e capire, non potrà mai entrare in pieno nei meandri mentali di una donna, così come una donna, per quanto brava, non sarà mai capace di comprendere e sviscerare a fondo le forme di pensiero maschile. Per quanto riguarda invece la realizzazione di questa tecnica, dobbiamo ammettere che è stata più difficile di quello che pensavamo all’inizio. In corso d’opera ci siamo accorti di quanto fosse complicato incastrare tutte le scene per fare in modo che combaciassero e che non ci fossero contraddizioni o stonature. Facciamo un esempio: in un capitolo Alex viene chiamato da Loreley al cellulare, ma lui non risponde in quanto non sente lo squillo, visto che il telefono è in modalità silenziosa. Dopo un po’ se ne accorge e richiama Loreley, ma anche lei non risponde perché, trovandosi nella confusione di un bar, non sente squillare il telefono. Questa situazione, con la variante della descrizione dei diversi posti in cui si trovano i due protagonisti, e delle diverse spiegazioni che ognuno di loro dà alla mancanza di risposta, viene descritta sia nel capitolo di lui che in quello di lei e abbiamo dovuto narrarla facendo combaciare gli orari in un sincronismo perfetto, e strutturando contesti plausibili che rendessero il tutto realistico. In molti altri capitoli, ci sono circostanze di questo tipo. Insomma, è stata una faticaccia.

 

La storia, in fondo, sembra essere classica. Un uomo, una donna, l'incontro, l'amore... perché un lettore dovrebbe scegliere il vostro libro fra i tanti che il mercato offre costantemente e con tanta abbondanza. Cosa lo distingue, lo caratterizza, lo rende diverso?

Intanto crediamo per la tecnica narrativa che abbiamo utilizzato e che, finora, non è mai stata adottata da nessuno scrittore. Questo modo di scrivere, da quello che ci viene detto, rende il libro oltremodo avvincente. Dopo aver letto un capitolo, a quanto pare, si vuole passare subito a quello successivo per scoprire il punto di vista dell’altro e così via. Forse è per questo che coloro che lo hanno letto ci hanno detto che è un libro che si consuma tutto d’un fiato. E poi, nel romanzo, ci sono molti spunti di riflessione introspettiva e situazioni che la gran parte di noi, nella propria vita ha, in qualche modo, vissuto. Sono in tanti quelli che, pur non avendo avuto una storia d’amore come quella di Alex e Loreley, hanno provato le stesse emozioni, gli stessi sentimenti, le stesse delusioni o gli stessi dolori. Nel romanzo c’è  la vita reale, quella di tutti i giorni, quella vita reale che ci dà gioie ma anche sofferenze. Abbiamo voluto dipingere un quadro realistico senza edulcorare il racconto, dove non ci sono principi e principesse nel castello incantato, ma persone vere che devono combattere con gli avvenimenti che loro stessi producono. Perché, benché, nella trama, sembri che il destino giochi un ruolo cruciale, in realtà ciò che viene fuori è che non sono gli eventi a determinare la nostra vita ma sono i nostri comportamenti a provocare le circostanze.

 

Perché, ancora, una storia d'amore. Perché l'amore sembra essere la panacea di tutti i mali ed è ancora possibile crederlo oggi, in una società dove tutto sembra già abbondantemente superato?

Una vita affettiva appagante aiuta, indubbiamente, a vivere meglio, ma solo se, prima di tutto, ognuno di noi vive bene con se stesso. La stessa parola “amore” si presta a mille interpretazioni perché è utilizzata per esprimere una vasta gamma di sentimenti che possono anche non avere quasi nulla in comune tra loro. L’amore per un figlio, per la patria, per il prossimo, per un Dio, ecc., sono espressioni di stati d’animo molto diversi tra loro. Ma quando si dice “Amore” con la A maiuscola, tutti noi sappiamo bene a cosa ci si riferisce. E’ l’amore più importante, dirompente, incontrollabile, che può renderci schiavi o pazzi, inermi o aggressivi, colmi di gioia o disperati, ed è senz’altro e soltanto quello che può nascere tra una coppia, che però nel nostro libro viene dato come un dono a metà. Alex e Loreley difatti dovranno fare i conti con il “fardello”, che noi autori abbiamo voluto dare ad entrambi i personaggi. L’amore è un sentimento irrazionale, non c’è dubbio e non se ne conoscono i confini,  difatti si può vivere per anni affianco ad una persona senza avere provato alcuna attrazione particolare, poi, di punto in bianco, sentire per un’altra persona, appena conosciuta, una vampata di desiderio irrefrenabile, accorgerci che non possiamo più farne a meno, che desideriamo con tutte le nostre forze la sua presenza, il suo contatto, il suo affetto ... in una sola parola: il suo amore. Ecco, con questo non possiamo affermare che questa sia la panacea che tutti vorremmo, ne sappiamo dare una spiegazione a questi fenomeni, ma di certo possiamo affermare che quando questo avviene, ed è reciproco, è meraviglioso. I due protagonisti del libro, Alex e Loreley, si amano follemente, eppure non riescono ad assaporare pienamente la loro storia d’amore a causa delle paure, delle insicurezze, delle diffidenze che sopraggiungono perché nessuno dei due è centrato su se stesso, ma gioca un ruolo che si è creato per timore di mostrarsi per quello che è realmente. In una società come la nostra quindi dove tutto, come dice lei, sembra superato resta di fatto il problema dell’incomunicabilità che c’è tra uomo e donna che altro non è che la paura di esternare emozioni, sensazioni, percezioni e pensieri e di rivelare, di conseguenza, la propria fragilità.

 

Siete ormai "in tour", come scrittori avvezzi alle scene. Cosa accade con i lettori che vi seguono nelle vostre presentazioni, quali interazioni, feeling, contrasti si creano?

Stiamo riscontrando un grande interesse da parte di tutti, al di là delle aspettative. Ci fa particolarmente piacere il fatto che durante le presentazioni il pubblico rimanga particolarmente colpito e incuriosito e, soprattutto partecipi in maniera attiva. Molto spesso la presentazione di un libro si riduce ad una mera descrizione, nonché esaltazione, del “prodotto”, nel nostro caso invece (almeno finora) si è sempre creato un feed-back positivo con le persone presenti. Sono molti quelli che pongono domande, che vogliono saperne di più, che cercano di entrare maggiormente nel profondo della storia e dei personaggi, quasi come se questi ultimi fossero delle persone reali, da scoprire e da conoscere per coglierne tutte le sfaccettature. La nostra impressione è che i due protagonisti del libro, probabilmente per come sono stati descritti, ad un certo punto, escano dalle pagine e acquistino vita propria. Tant’è che, spesso, noi autori passiamo in secondo piano e sono loro a condurre i giochi. In molti casi le domande non vengono poste ad Antonio e Carmela, ma ad Alex e Loreley. Questa per noi è una grandissima gratificazione, in quanto significa che siamo riusciti a dare un’anima a due figure immaginarie, trasferendole dalle righe alla realtà.

 

Edizioni Psiconline, Casa Editrice specializzata in psicologia e psicoterapia, ha scelto di pubblicare il vostro romanzo inserendolo all'interno della nuova Collana A Tu per Tu, di carattere prettamente divulgativo. Come il vostro libro si confonde o si fonde con la psicologia e la divulgazione psicologica?

935416 4612325598851 1962316834 n 300x300Il libro, a nostro avviso, ha una forte connotazione di carattere introspettivo. Apparentemente narra una storia d’amore, ma, leggendolo, ci si rende conto di come questa storia sia solo il pretesto per parlare di tanto altro. Nei fatti viene raccontato il viaggio di due individui, all’interno del proprio io, alla ricerca di un equilibrio o, quanto meno, di quelle risposte ai tanti perché che ognuno si porta dentro. Alex e Loreley siamo tutti noi, con i punti di forza ma, soprattutto, con le nostre debolezze e le nostre paure che spesso nascondiamo per timore di apparire vulnerabili. Il libro ci dice che avere la forza di non nascondere le proprie fragilità, ma palesarle, prima di tutto a se stessi, e successivamente accettarle, significa compiere un grande passo in avanti per superarle. E’ un esercizio difficile, che i due protagonisti compiono, tra mille difficoltà e che li porterà ad una catarsi che modificherà la loro vita. Ad Alex e Loreley viene dato il dono dell’amore, ma al tempo stesso, vengono azzoppati. Come reagiranno? Quanto gli ostacoli riusciranno a prevalere sulla ricerca di una convivenza serena con la parte più profonda di loro stessi? Quanto potere ha il lato esterno della vita sul substrato dell’anima? Crediamo che nel libro ci siano forti spunti di questo tipo. Non abbiamo la pretesa di dare risposte con carattere di verità assoluta, crediamo che ogni lettore, tra le righe possa leggere la propria, identificandosi con i protagonisti.

 

Progetti per il futuro? Entusiasti della vostra nuova veste di scrittori? Novità in cantiere oppure per ora pensate di godervi il meritato successo?

 Intanto stiamo assaporando la soddisfazione che ci danno coloro che hanno già letto il libro. Riceviamo commenti entusiasti, più di quello che ci aspettavamo. Tutti ci dicono che, durante la lettura, si sono commossi, emozionati, immedesimati nei personaggi. Questo significa che siamo riusciti in un esercizio piuttosto difficile, ossia trasmettere delle emozioni, vere e profonde, attraverso la scrittura e arrivare al cuore del lettore. Ci sono tanti libri belli e scritti bene, ma sono pochi quelli che ti prendono al punto che non riesci a interrompere la lettura. Con il nostro ci hanno detto che capita questo. Un lettore ci ha detto che per terminare il libro è rimasto sveglio tutta la notte e il mattino dopo ha dovuto prendersi un giorno di ferie, un’altra, che lo leggeva in metro, non si è accorta di essere arrivata alla fermata alla quale doveva scendere ed è arrivata al capolinea. Un’altra ancora ci ha scritto affermando che, dopo aver finito il libro, per due giorni non ha fatto altro che pensare ad Alex e Loreley. E poi ci sono anche coppie che litigano perché ognuno di loro non vuole cederlo all’altro. Al di là dei complimenti per la tecnica narrativa adottata o per alcuni passaggi particolarmente toccanti, questi sono gli appagamenti più belli. Quanto al futuro, in cantiere c’è già un nuovo romanzo, che ha la stessa tecnica ma una storia più articolata e un intreccio più sottile, oltre una variante più articolata: i personaggi sono tre. Abbiamo già iniziato a scrivere qualcosa, ma ce la prendiamo con calma. Ora è il momento di goderci “Attimi paralleli”, con la speranza di riuscire ad arrivare ad un numero sempre maggiore di lettori.

 

Siamo alla fine del nostro incontro, intenso e ricco di suggestioni, e ringraziamo davvero Antonio Di Giovanni e Carmela Ferrara per averci consentito di entrare così profondamente nel loro lavoro ma, soprattutto, nel loro modo di vedere e sentire il mondo e l'amore.

 

A tutti i nostri amici diamo appuntamento alla prossima intervista.

 

 

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