Ciro Pinto 2017Edizioni Psiconline ha  il piacere di ospitare nuovamente Ciro Pinto che, nella intervista della nostra redazione, racconta della sua attività di scrittore e approfondisce alcuni aspetti di Subway il romanzo scritto in collaborazione con Rossella Gallucci.

D. Da cosa nasce il bisogno di scrivere?
R. Sì, giusto, si tratta di un bisogno vero e proprio, che poi è strettamente collegato all’esigenza di comunicare. Un’esigenza che risiede nel corredo genetico della quasi totalità degli individui, poi ognuno lo fa con i suoi strumenti, secondo le proprie attitudini, con la semplice comunicazione verbale o scritta, con la narrativa o la poesia, con le arti figurative o la musica.
Io scrivo perché soltanto in questo modo riesco a raggiungere la parte più intima di me stesso e a veicolarla con la creatività per poter dare alle mie percezioni e al mio sentire le connotazioni di una storia.

D. Cosa ti spinge a pubblicare?
R. Pubblicare significa aprirsi agli altri. Raggiungere quante più sensibilità possibili, quante più sfere intime possibili, perché in fondo la connessione più forte si ottiene soltanto riuscendo a mettere in contatto tra loro le nostre essenze. La lettura è un’attività che dà un senso alla scrittura. Pubblicare significa diffondere, o almeno tentare di diffondere. L’alchimia che può istaurarsi tra chi scrive e chi legge, che ci sia corresponsione o meno dei contenuti e dei messaggi che la scrittura contiene, è un fenomeno che unisce nel modo più vero i due attori: scrittore e lettore. Pubblicare significa cercare di moltiplicare questi binomi.

D. La tua scrittura tra modelli e ricerca
R. Bè, come ogni cosa della vita, anche la scrittura ha il suo percorso di crescita con i suoi intoppi, le sue sofferenze, le sue problematiche. Il mio percorso è nato soltanto pochi anni fa, nel 2012. Devo dire che all’inizio l’esigenza di scrivere è stata qualcosa di così forte che mi ha travolto. Nei primi due anni avevo già scritto quattro dei miei cinque romanzi, anche se poi sono stati pubblicati a intervalli annuali. Il lavoro svolto sulla mia scrittura per cercare di preservarne la genuinità e nel contempo per cercare di renderla poco invasiva - nei confronti del lettore - è stata una delle attività che più mi ha impegnato. Poi, l’attenta ricerca di parole e di armonia del testo è stata un altro fronte d’impegno.
Per quanto mi riguarda ho sempre tentato di rifuggire l’idea di un modello, non certo per presunzione, anzi se ne cercassi sarei soltanto indeciso in merito a quale scegliere: tantissimi autori mi affascinano. L’importante è leggere, sempre. Se si vuole scrivere si ha bisogno di fare carburante, come quando si affronta un viaggio in auto. Il carburante per chi scrive è sicuramente leggere. Io leggo almeno tre quattro libri al mese, dalle riletture dei classici dei secoli scorsi e in particolare delle opere dell’Ottocento alle letture dei contemporanei del Novecento fino agli ultimi di questi anni. Letteratura americana, asiatica ed europea, e i nostri autori, ovviamente. Letteratura di genere e mainstream, neo-moderna e d’avanguardia.
 
D. Una storia, i suoi protagonisti, l’ambientazione. Tutto nasce dalla tua fantasia o in qualche modo sono richiami al tuo vissuto?
R. Per dirla in breve: è un’origine doppia e mutuante. A volte può essere semplicemente la fantasia a far nascere una storia, a volte è la suggestione di un ricordo o di un sentimento stratificato nell’animo che fa scattare la scintilla della narrazione. In entrambi i casi: fantasia e sensibilità personale sono intimamente collegate, altrimenti le parole scritte sarebbero senza spessore e soprattutto senza profondità, come se galleggiassero piatte e afone sul foglio.

D. Cosa desideri dal lettore?
R. Che viaggi con me, magari non vedrà le cose che vorrei fargli vedere, magari ne vedrà altre, ascolterà altri richiami, diversi da quelli che ho costruito. L’importante è che io riesca a farlo salire a bordo. Dal lettore desidero soltanto che leggendo ritrovi un po’ di se stesso.

Subway Icop sitoD. Qual è il personaggio (o i personaggi) di Subway che ha richiesto più impegno nella descrizione?
R. Tutti i personaggi sono nati via via, si sono caratterizzati immergendosi nel plot. Una sola caratteristica comune: ognuno diventerà più di quello che appare all’inizio, nel bene o nel male. Si scoprirà che dietro la sagoma iniziale ogni personaggio ha tutto il suo bagaglio di vita, a volte così ingombrante da non riuscire a trascinarlo, così blindato da non riuscire più ad aprirlo. In questa ottica, dovendo all’inizio della storia togliere anziché aggiungere, per non svelare subito al lettore il profilo e il passato di ognuno, l’impegno è stato abbastanza forte per tutti. Direi, per quanto mi riguarda, che è Paolo Maria il personaggio che ha richiesto una maggiore concentrazione, per la sua giovane età e per la sua tendenza a rimuovere il passato.

D. C’è un personaggio di Subway in cui in parte ti riconosci?
R. Non saprei, purtroppo in nessuno dei personaggi di Subway, piuttosto mi riconosco in tutta la gente che li circonda, che li incrocia distrattamente. Insomma in tutta la gente che vive nel mondo normale. E ciò non mi fa piacere. Le persone disagiate, che vivono di elemosine, che dormono per strada sono per noi, individui con una vita normale, soltanto delle sagome di cartone, dei segmenti deteriori dell’arredo urbano. E questo è terribile. Nello scrivere Subway ho pensato a quante volte incontrando persone simili ai personaggi del romanzo mi sia voltato dall’altra parte o li abbia visti soltanto come delle sagome di cartone, appunto. Bene, bisogna ricordarsi sempre che un uomo in qualunque condizione di disagio si trovi è sempre un uomo, e a volte il modo in cui ci rapportiamo a lui può salvarlo, ridargli la dignità. Ricordate la lezione di Primo Levi? L’operaio italiano Lorenzo che lo guarda finalmente come un uomo e non come un relitto, come un ebreo destinato al macello? (Se questo è un uomo). Bè oggi, tra migranti della disperazione e povertà in aumento, quella lezione di Levi è fondamentale.

D. Subway, pubblicato in versione cartacea nella primavera del 2016, in questi giorni esce nella versione e-book. A questo punto vorrei farti qualche domanda sull’e-book in generale: quale sarà secondo te il suo futuro? Li leggi volentieri? Li consiglieresti e perché?
R. Sicuramente la lettura digitale ha un suo sviluppo e un futuro in espansione. Penso però che l’e-book non sostituirà mai del tutto il libro cartaceo, gli si affiancherà semplicemente come un diverso mezzo di lettura.
Consiglierei l’e-book perché comunque è un prodotto che abbatte buona parte della filiera editoriale e dunque il prezzo di copertina. Se il risparmio, in alcuni casi notevole, serve a incrementare il numero dei lettori, ben venga l’e-book.

 

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