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Emanuela Masseria, la metafora come strumento di cambiamento

emanuela masseriaLa metafora da anni è oggetto di studio della scienza cognitiva e della linguistica, e numerosi approcci terapeutici si sono interessati alla metafora come strumento di cambiamento.
La funzione è quella, soprattutto, di aiutare i pazienti a far emergere temi mitici, bisogni, ecc. imparando a riconoscerli/rispecchiarli in maniera efficace.

 

Le modalità attraverso cui tale rispecchiamento/riconoscimento può essere favorito sono diverse e molto dipendono dalla formazione e dallo “stile” del terapeuta.
Emanuela Masseria, psicologa specializzata in Psicologia clinica e Arteterapia, si è dedicata all'uso della scrittura in laboratori tecnico-esperienziali volti a superare i propri limiti e a sviluppare le proprie potenzialità e nella intervista che segue espone i contenuti del volume "L'uso terapeutico della metafora" nella collana Ricerche e Contributi in Psicologia, soffermandosi anche sugli aspetti terapeutici della scrittura e della fotografia.

D. Perché un volume sulla metafora? A chi è rivolto?
R. La metafora è uno dei meccanismi più interessanti e creativi della mente umana in quanto riesce ad avvicinare il mondo della logica a quello dell’immaginazione. Il suo scopo è arrivare a forme comunicative sempre più persuasive e evocative, espressive e inequivocabili, in qualche modo sempre più vicine al vero pur scostandosi dagli elementi di partenza che lo caratterizzano. Un volume sulla metafora è utile perché accomuna discipline molto differenti in questo comune universo di senso. Utilizzano la metafora varie scuole psicologiche e psicoterapeutiche, sia in sedute individuali che di gruppo, diversi generi di professionisti che propongono laboratori di tipo educativo, psicologico o arteterapeutico, chi si occupa di comunicazione o di linguistica, senza contare che l’arte è, in fondo, una metafora di immani proporzioni.
Il testo può interessare quindi chiunque operi in questi settori.

D. Come è strutturato il volume?
R. Dopo un inquadramento generale sul concetto di metafora si procede ad indagare le principali teorie di riferimento in cui viene analizzata e utilizzata. Una corposa parte del volume si concentra sull’uso della narrazione e sull’impatto psicologico di diversi tipi di scrittura: liberi o guidati, razionali o espressivi, legati a generi letterari specifici o a studi scientifici sulla narrazione. Viene poi descritto nel dettaglio un laboratorio di scrittura, dall’ideazione alla messa in pratica in tutte le sue fasi. Infine, l’ultima parte indaga sull’uso delle immagini in diverse discipline come la fototerapia, l’arteterapia e la micropsicoanalisi.

Emanuela Masseria2D. Cos'è  la metafora e perché vi ricorriamo?
R. La metafora (dal greco μεταφορά, da metaphérō, “io trasporto”) è uno strumento linguistico ma non solo. Si ha quando una frase viene sostituita con un’altra che ha maggiore potere evocativo. In genere si basa sullo stabilirsi di un rapporto di somiglianza tra il termine di partenza e il termine metaforico. Vi ricorriamo per rendere maggiormente ciò che pensiamo e per persuadere con più efficacia e rapidità. La metafora può essere considerata anche il punto di partenza di molte tecniche espressive e artistiche. Anche un comportamento o un sintomo possono essere visti come una metafora. Questione di immaginazione, di gusto per l’analogia.

D. Le metafore sono comprensibili da tutti? Quali sono le condizioni per comprendere veramente una metafora?
R. Sono comprensibili a chiunque condivida la stessa lingua ma dipende anche dal grado di adesione della metafora stessa al concetto originario e dalla capacità cognitiva/immaginativa dell’interlocutore.

D. L'uso delle metafore può essere condizionato dalla cultura, dalla
provenienza, dal genere?
R. Relativamente. Ci sono delle espressioni, come quelle proverbiali che fanno subito presa su persone di determinati paesi o parlanti determinate lingue. A livello personale si può essere comunque più inclini a cogliere determinati simboli, allegorie, immagini o aneddoti.

D. Com'è l'approccio alla metafora da parte dei pazienti?
R. Dipende da molti fattori. In generale possiamo dire che la trasformazione di un vissuto doloroso o problematico in una metafora è un processo lento e graduale, che va guidato da un professionista. Una volta messo di fronte a una metafora che si rivelerà adeguata, è più facile che un paziente si senta sollevato rispetto che in altre situazioni più “dirette”. Una persona posta innanzi a scomodi elementi di “verità”, non “filtrati”, può manifestare sentimenti di opposizione e contrarietà. Con una metafora invece è possibile essere non coinvolti e coinvolti allo stesso tempo. Si centra il punto sfiorandolo, parlando al lato inconscio dell’individuo, riferendosi a qualcosa o qualcun altro. Un paziente alla fine può accettare, rifiutare o elaborare una metafora.

D. Anche in psicoanalisi si ricorre all'uso della metafora?
R. Può essere utilizzata anche in quest’ambito, anche se non come strumento elettivo. Personalmente ho privilegiato altre teorie che trattano il tema in modo più centrale.

D. Come può la metafora generare cambiamenti?
R. Attraverso un sapiente uso della parola e delle immagini da parte di persone che ci guidano in un percorso di esplorazione di noi stessi, mirato a un cambiamento in positivo. Ci sono discipline, come l’arteterapia, che lavorano attorno al concetto di metafora proponendo tecniche espressive e esperienziali, meno rivolte alla cura rispetto a vari tipi di psicoterapia. Filoni diversi ma che tendono ugualmente a favorire il benessere nella persona e a ridurre il disagio.

D. A chi si rivolge la metafora? Adulti, bambini...?
R. Principalmente ad adulti e adolescenti, ma esistono diversi modi di intenderla. Ad esempio, esiste una moltitudine di pratiche che utilizzano la fiaba come mezzo di esplorazione di sé nel bambino. Le favole molto spesso sono metafore dell’esistente, dove in particolare il “male” viene esplicitato e esorcizzato allo stesso tempo. L’arteterapia è rivolta anche ai bambini e fa ampio uso di metafore.

D. Quali funzioni svolge?
R. Tende a chiarire dei significati e, per estensione, a crearne di altri. Potremmo dire che sblocca e risolve attraverso l’immaginazione e la creazione di scenari e vissuti simili ma non uguali a quelli di partenza.

D. Come viene usata la scrittura in psicologia e psicoterapia?
R. A seconda degli obiettivi, la scrittura, sia nella casistica sperimentale che nei percorsi laboratoriali, può essere sia in parte libera e spontanea che guidata/orientata, per facilitare episodi mirati di auto-esplorazione e auto-osservazione. A seconda delle teorie dove viene presa in considerazione ci sono analogie e divergenze nei metodi di applicazione. Quello che è possibile osservare è che la scrittura, per come è impiegata, si muove su un continuum dove ai due estremi troviamo un metodo più analitico, diaristico, biografico e un altro più immaginativo, metaforico, espressivo. La forma diaristica in psicologia è considerata un mediatore d’eccellenza nei percorsi di riflessione interiore.


D. La narrazione e la funzione del terapeuta come narratore
R. Se ci pensiamo, narrare è il modo più preciso che abbiamo di rendere determinate situazioni. Il nostro stesso pensiero è un raccontarsi e rielaborare storie e lo stesso fanno i terapeuti.  Alcuni di loro parlano di “perturbazione” della narrazione altrui. Un setting psicoterapeutico può essere inteso, in sintesi, come un luogo condiviso in cui si elaborano e rielaborano racconti, fino ad arrivare a mutamenti nella coscienza e nello stato d’animo del paziente. Essenziale è l’integrazione dei diversi punti di vista ma anche la ricerca di una coerenza in ciò che si narra, conditio sine qua per far arrivare il messaggio a un interlocutore. La narrazione aiuta anche a combattere la rigidità delle idee e dei comportamenti con graduali ri-trascrizioni dell’esperienza. Può avvenire per iscritto come a voce.

D. Quale laboratorio viene proposto nel volume? Come si svolge?
R. Il laboratorio “Star bene scrivendo di sé” che nel libro viene proposto è stato ideato e sperimentato nell’ambito delle attività dell’associazione Vikara, che opera nella regione Friuli Venezia Giulia organizzando percorsi esperienziali rivolti a adulti e adolescenti basati su tecniche e metodi della psicologia, dell’arteterapia e della pedagogia in un’ottica multidisciplinare. Viene utilizzata la scrittura come mezzo per comprendersi e per far luce nelle proprie dinamiche interiori, traendo spunto da esperimenti e approcci diversi.

D. Cosa si intende per fototerapia? Quali tecniche si applicano?
R. La fototerapia è un insieme di tecniche non omogenee che fungono da mediatori e catalizzatori dei processi terapeutici in vari setting e contesti. È utilizzata nel counseling, in psicoterapia e in psicologia clinica o anche come metodologia di lavoro laboratoriale ed esperienziale.

D. Quando vengono usate le fotografie?
R. Più che quando è interessante scoprire come. Le fotografie, nei laboratori e nei setting terapeutici, possono essere scattate da sé stessi o da altri, interpretare oggetti e ambienti, provenire da un nostro album casalingo, essere ritagliate da un giornale. Un grande ruolo lo hanno, come è intuibile, gli autoritratti ma vengono molto usati anche i fotomontaggi. Vengono guardate, analizzate, riprodotte, inserite in analisi verbali o addirittura compromesse, trasformate, decorate. Gli usi sono molteplici.

D. Cosa utilizzano i laboratori di arteterapia?
R. Utilizzano diverse tecniche espressive e artistiche che includono la scrittura e la fotografia per abbracciare il grande campo delle arti visive e delle arti in generale.

 

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