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FINE DELL’ANNO, FINE DELLA VITA. LA TRAGEDIA ANORESSICA DI ISABELLE CARO

 

La modella Isabelle Caro nella campagna pubblicitaria di O. Toscani contro l'anoressia



L’esile, fragile modella non c’è più. Se n’è andata in chiusura d’anno (17 novembre, ma la notizia pubblica è del 29 dicembre), in chiusura di vita. Al termine di soli ventotto anni: una vita breve, spezzata, ma soprattutto martoriata. Una vita aggredita da un male solo apparentemente incurabile ed inguaribile, solo apparentemente esterno. In realtà: interno, curabile e guaribile. Difficile, certamente. Faticoso da gestire. Ma si può fare molto: se preso in tempo, e con decisione.

L’anoressia consuma. Non sempre uccide; ma ci prova. Mentalmente, inconsciamente, l’anoressico ci prova. E ci prova con livore ed aggressivitàdistruttività.

La modella Isabelle Caro nella campagna pubblicitaria di O. Toscani contro l'anoressia



A distanza, lo psicologo, lo psicoterapeuta, il medico, il nutrizionista, il clinico non possono dire granché su chi non è stato un loro paziente. Non possono e non debbono entrare in particolari che non conoscono di prima mano. Ma non possono tacere, non debbono tacere sugli aspetti generali del disturbo anoressico: altrimenti si rischia di non fare informazione, di non fare prevenzione, al limite si rischia - indirettamente - l’“omissione di soccorso” per chi è a rischio (e non ne è consapevole).

Isabelle: non solo “anoressia” (mancanza di appetito”), ormai anche “cachessia” (stato di grave deperimento organico). Morire a ventotto anni, di consunzione, di starvation, di anoressia adolescenziale ormai divenuta (nella mai raggiunta fase adulta) cachessia. Cachessia (cattiva disposizione, ovviamente nei confronti del cibo, ma probabilmente anche nei confronti della Vita Affettiva, dell’Amore, della Tenerezza verso di sé e verso gli altri).

Dal greco “kakós”: e quindi “cattivo”, nei variegati significati di malato, pieno di Male, malevole; inoltre, prigioniero (“captivus”, in latino: prigioniero della malattia), e anche cattivo, nel senso emozionale ed affettivo: ci si tormenta il corpo, ci si tormenta l’anima, si aggredisce rabbiosamente se stessi (e anche gli altri). E’ un suicidio differito. E’ anche una richiesta di aiuto; è anche una richiesta di amore: però, purtroppo, spesso, due richieste mal poste dai malati, due richieste non capite dalle persone sane.

Isabelle: dati statistici (e clinici). Dati brutali. Dati e concetti che fanno riflettere, che devono far riflettere. Peso: Kg. 31. Altezza: m. 1,64. IMC (Indice di Massa Corporea): 11,48. Ma cinque anni fa, con conseguente stato di coma, era giunta a pesare (!?) Kg. 25 (IMC = 9,26!). Quando la diagnosi di anoressia viene formulata al di sotto di 17,50!).

Come si può sopravvivere, con questi dati organici? Come si può negare il tremendo attacco (fisico e psicologico) al proprio corpo, alle proprie emozioni, alla propria psiche, alla propria vitalità? Come si possono ignorare la rabbia e l’odio contro tutto, contro tutti? Come si fa a non comprendere il poderoso Senso di Morte che possiede l’anoressico conclamato? L’anoressico non è libero: è “posseduto”. È posseduto dalla propria malattia, dalla quale pesantemente dipende. Come si fa a trascurare la Morte perseguita con metodica ed ossessiva precisione?

Adieu Isabelle, che avevi fatto della tua personale anoressia la tua personale battaglia, mediante lo slogan “Bisogna smetterla di sacralizzare la magrezza".

Adieu Isabelle, la petite fille qui ne voulait pas grossir. Che non voleva ingrassare, che non voleva ingrossare, che non voleva diventare grande, che non voleva crescere.

Adieu Isabelle, il tuo choccante messaggio mediatico non è servito a te stessa. Ma potrebbe servire ad altri.

Luciano Peirone ed Elena Gerardi
psicologi e psicoterapeuti, autori del libro ANORESSIA RABBIOSA. La ribellione muta e i sentimenti repressi (Edizioni Psiconline).
Maggiori informazioni sul volume possono essere trovate qui oppure qui
Si riparte...
Il dramma dell'anoressia

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Commenti 2

Ospite - Antonio Vita (website) il Giovedì, 30 Dicembre 2010 11:57

Vedo che l'anoressia miete ancora vittime. Non me ne occupo più da anni. Non mi sono capitati più casi di anoressiche, ma un solo caso di un giovane.

Una decina di anni fa partecipai ad un Congresso Nazionale alla Facoltà medica in Ancona. Tra le varie relazioni ci fu quella di una giovane terapeuta allieva della Selvini Palazzoli che indicava un metodo nuovo per aggredire la malattia: la terapia della famiglia. Quasi annoiato e per nulla disposto ad ascoltarla, anche per la mia preparazione che poi si fondava sulla teoria psicoanalitica della Selvini stessa, stavo per andarmene dall'aula, ma qualcosa mi fece cambiare idea. Restai e quella giovane terapeuta espose la NUOVA terapia a cui la Selvini si era affidata, e cioè la terapia basata sul gruppo familiare. La classificazione delle anoressiche decedute che appare nel libro della Selvini, era stata superata e di morti non se ne parlava più. La Selvini aveva trovato nella terapia familiare, rivista e "condita" del suo sapere di grande analista, un nuovo modo per guarire le sue malate. E il metodo funzionava e funziona. La Selvini ha lasciato diversi centri organizzati in modo da curare le anoressiche secondo questa tecnica e metodologia d’intervento a cui si era "convertita". Mi è capitato anche di trovare persone adulte che avevano affidato alle NUOVE scuole di terapia le proprie figlie con effetti di guarigione veramente sorprendenti e in tempi anche brevi. C'è il figlio della Selvini che ha una di queste scuole, ma ce ne sono diverse perché le sue allieve si sono prodigate per aprire centri terapeutici in molte parti.
In Internet è facile trovarli. Vale la pena di vedere come funzionano e come è possibile affrontare la malattia in un modo diverso.
Ma il libro ANORESSIA RABBIOSA ancora lo devo leggere e quindi questa mia intromissione sull’argomento può essere del tutto inadeguata e impropria.
Mi riprometto di leggere il libro al più presto e di tornare eventualmente sull'argomento.

Cordialità. E molti auguri per il libro.

Antonio Vita

P.S. - Quindi il mio saggio breve “ANORESSIA” pubblicato in primis in Psiconline, che ha ottenuto qui la visione e la lettura di oltre 18.000 persone, e in Medicitalia con altri 7.300 clic, lo lasciamo riposare in frigo. Poi cercherò di rivederlo. Prima dovrò leggere questo libro.

Vedo che l'anoressia miete ancora vittime. Non me ne occupo più da anni. Non mi sono capitati più casi di anoressiche, ma un solo caso di un giovane. Una decina di anni fa partecipai ad un Congresso Nazionale alla Facoltà medica in Ancona. Tra le varie relazioni ci fu quella di una giovane terapeuta allieva della Selvini Palazzoli che indicava un metodo nuovo per aggredire la malattia: la terapia della famiglia. Quasi annoiato e per nulla disposto ad ascoltarla, anche per la mia preparazione che poi si fondava sulla teoria psicoanalitica della Selvini stessa, stavo per andarmene dall'aula, ma qualcosa mi fece cambiare idea. Restai e quella giovane terapeuta espose la NUOVA terapia a cui la Selvini si era affidata, e cioè la terapia basata sul gruppo familiare. La classificazione delle anoressiche decedute che appare nel libro della Selvini, era stata superata e di morti non se ne parlava più. La Selvini aveva trovato nella terapia familiare, rivista e "condita" del suo sapere di grande analista, un nuovo modo per guarire le sue malate. E il metodo funzionava e funziona. La Selvini ha lasciato diversi centri organizzati in modo da curare le anoressiche secondo questa tecnica e metodologia d’intervento a cui si era "convertita". Mi è capitato anche di trovare persone adulte che avevano affidato alle NUOVE scuole di terapia le proprie figlie con effetti di guarigione veramente sorprendenti e in tempi anche brevi. C'è il figlio della Selvini che ha una di queste scuole, ma ce ne sono diverse perché le sue allieve si sono prodigate per aprire centri terapeutici in molte parti. In Internet è facile trovarli. Vale la pena di vedere come funzionano e come è possibile affrontare la malattia in un modo diverso. Ma il libro ANORESSIA RABBIOSA ancora lo devo leggere e quindi questa mia intromissione sull’argomento può essere del tutto inadeguata e impropria. Mi riprometto di leggere il libro al più presto e di tornare eventualmente sull'argomento. Cordialità. E molti auguri per il libro. Antonio Vita P.S. - Quindi il mio saggio breve “ANORESSIA” pubblicato in primis in Psiconline, che ha ottenuto qui la visione e la lettura di oltre 18.000 persone, e in Medicitalia con altri 7.300 clic, lo lasciamo riposare in frigo. Poi cercherò di rivederlo. Prima dovrò leggere questo libro.

[...] con sua madre la causa che ha portato alla nascita della sua anoressia.Dopo aver scritto un articolo sulla morte della modella, Luciano Peirone ed Elena Gerardi, autori del libro Anoressia rabbiosa, edito da Edizioni [...]

[...] con sua madre la causa che ha portato alla nascita della sua anoressia.Dopo aver scritto un articolo sulla morte della modella, Luciano Peirone ed Elena Gerardi, autori del libro Anoressia rabbiosa, edito da Edizioni [...]
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