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Redazione

Intervista a Francesco Codato sul suo nuovo saggio Che cos'è la malattia mentale

codato1Sebbene la malattia mentale venga identificata quale male epocale, non esiste nessuna definizione precisa che persuada tutti gli animi su cosa essa sia.
Francesco Codato nel suo nuovo saggio Che cos'è la malattia mentale cerca di ovviare a questo problema prendendo ad esame le risposte che le differenti discipline (psichiatria, storia, antropologia, sociologia, filosofia, religione, diritto, economia e bioetica) hanno elaborato e tuttora elaborano riguardo a tale fenomeno, mostrando come esso non possa che essere compreso adottando uno sguardo interdisciplinare, tendente a valutarne la sua complessa natura.


Francesco Codato ha già pubblicato con Edizioni Psiconline: Che cos’è l’antipsichiatria? Storia della nascita del movimento di critica alla psichiatria (2013) e da pochi giorni è in libreria  Che cos'è la malattia mentale (nella collana Ricerche e Contributi in Psicologia). Un volume davvero interessante, che vogliamo conoscere più approfonditamente, per questa ragione rivolgiamo alcune domande all'autore per capire meglio che cos'è la malattia mentale.


codatoD. Da cosa nasce l’esigenza di scrivere un testo che tratti delle varie definizione della malattia mentale fornite da discipline diverse?
R. Occupandomi di filosofia della medicina e specificamente di bioetica che è una disciplina che fa dell’interdisciplinarietà la sua essenza, mi è capitato di partecipare a convegni, presentazioni di libri, dibattiti ecc. inerenti le differenti problematiche relative alla malattia mentale. Ciò che ho notato è che in queste occasioni, seppur al centro ci fosse il concetto di malattia mentale, esso fosse completamente indefinito ed aperto a teorie sempre diverse, le quali però non dialogavano tra loro. Una cosa era parlare di malattia mentale con antropologi e sociologi, tutt’altro era parlare della medesima con psichiatri e medici, o ancora differente era parlare con psicologi e teologi. Ciò che intendo dire è che sebbene tutti abbiamo a cuore i differenti problemi inerenti alla malattia mentale, non parliamo della stessa cosa quando ci riferiamo ad essa, come se la malattia mentale fosse indeterminata per natura. La constatazione di questa incomunicabilità di fondo tra le varie discipline mi ha portato all’elaborazione di questo libro, in cui ho tentato di riassumere le differenti posizioni espresse dalle stesse sull’oggetto comune “malattia mentale”, tentando di farle dialogare.


D.Nel libro si parla della malattia mentale quale male epocale, cosa vuoi intendere esattamente?
R. Ogni epoca ha delle caratteristiche peculiari, una di queste è sempre stata quella di conferire valore a determinate forme patologiche. Allo stato attuale mi sembra che il dibattito in costante aumento attorno alle differenti forme di disturbi mentali stia riconoscendo nella patologia psichica la fonte discorsiva e patologica principale della nostra epoca. Non è un caso, ad esempio, che la depressione sia per l’OMS una delle malattia più diagnosticate al mondo e sia per tutti noi patologia, purtroppo, comune che possiamo rinvenire facilmente in amici, parenti o in noi stessi. Proprio per questo la depressione è, secondo me, un esempio denso di significato, poiché se cogliamo i dati della sua diffusione possiamo capire quanto i disturbi mentali condizionino e siano presenti nella nostra epoca, ma di pari passo se cogliamo gli stessi dati in maniera totalmente acritica rischiamo di scambiare tante nostre emozioni quali forme di depressione.
Per questo mi sembra che alla base di molti discorsi inerenti alle patologie mentali si scambi l’esigenza importantissima di classificare le malattie con la volontà, ancora più importante, di fare il bene del paziente. In altre parole, siamo così esasperati dal voler trovare il patologico in ogni situazione da non riuscire più a focalizzarci sul soggetto in cura, sulla singolarità del vivere e di esperire il dolore di quel soggetto. Potremo quasi dire che oggi si presta molta attenzione all’oggetto patologia mentale, ma non si presta altrettanto attenzione al soggetto malato.

D. In questo senso si può ricollegare il discorso espresso nel libro attorno alla differenza tra una verità della malattia mentale e una verità sulla malattia?
R. Esattamente, il punto centrale del libro è proprio il voler riflettere attorno allo spostamento della ricerca di verità della malattia mentale alla ricerca di senso della patologia, ovvero un tentativo di riflettere sulle strutture di esistenza della stessa. Il che vuol dire focalizzare il dibattito sia sulle strutture “universali” dei vari disturbi, sia sulle modalità attraverso le quali queste vengono vissute singolarmente dai soggetti. In quest’ottica è doveroso ricordare che ogni persona ha una propria cultura, si trova a far parte di un gruppo, che può essere rappresentato dalla famiglia, da un gruppo sportivo, da una particolare classe professionale ecc., inoltre la stessa può orientare la propria visione del mondo per mezzo di una religione o di credenze personali, le quali si accompagnano spesso alle possibilità economiche e allo status sociale in cui è inserita la medesima persona. Dimenticare queste sfere, quando si fa una diagnosi psichiatrica, rappresenta, secondo me, una maniera di ridurre il soggetto ad oggetto, non prestando realmente cura alla sua sofferenza, che in quanto tale è sempre personale e singolare.


D. La chiave per non ridurre la persona è secondo te il dialogo interdisciplinare?
R. La proposta che avanzo in questo testo è proprio quella di far interagire gli specialisti di settori e materie differenti, poiché in una situazione di cura abbiamo prima di tutto davanti a noi un soggetto con la sua particolare storia di vita. L’ascolto delle differenti soggettività che si presentano davanti a noi dovrebbero portarci a capire che per quanto un professionista sia bravo nel proprio ruolo, egli padroneggia un unico linguaggio, il quale si dimostra in ogni caso limitato e limitante nel tentativo di comprendere la dimensione umana che si presenta in cura. Mi sembra necessario cogliere la nostra utilità verso il soggetto che soffre, ma di pari passo mi sembra necessario riflettere anche sulla nostra limitatezza. Per questo è fondamentale rivolgersi a tutti i saperi sull’uomo i quali,  nella loro parzialità, possono fornire dettagli differenti al terapeuta sulla vita del soggetto tali da adottare posizioni diverse nei confronti di alcune “evidenze” diagnostiche.


D. Questo porta ad una contrapposizione tra riduzionismo ed olismo?
R. Il discorso potrebbe anche essere tradotto totalmente in questi termini, ovvero il passaggio tra il to cure che vuol dire essere in grado di curare dunque di intervenire in maniera puramente tecnica sulla malattia e il to care, che significa prendersi cura in maniera umanistica, ovvero riuscire ad integrare il sapere tecnico-specialistico con l’analisi degli aspetti che donano senso alla dimensione singolare e propria del soggetto che vive ed elabora la crisi prodotta dallo stato patologico.

D. Quindi, secondo te, la sfida maggiore di oggi all’interno dell’intervento terapeutico è costituita dalla costruzione di un dialogo che punti a realizzare una pratica olistica della cura?
R. Penso che ciò che oggi viene chiesto ai medici, in questo caso agli psichiatri, sia uno sforzo enorme e difficilissimo, ovvero quello di comprendere il paziente, dovendo restituire senso e significato al lavoro tecnico che si sta compiendo senza ridurre lo stesso atto alla dimensione espressiva donata dalla sola esecuzione diagnostica. Non è possibile abbandonare i medici a questo durissimo lavoro, ma bisogna aiutarli collaborando con loro e portando le diverse sfaccettature che i nostri differenti saperi, filosofico, economico, giuridico, religioso, psicologico ecc, ci permettono di evidenziare nei soggetti in cura. La sfida che oggi ci attende è quella di riuscire a costruire un dialogo interdisciplinare proficuo che, tenendo conto delle mille variabili che costituiscono una vita singola, possa aiutare sempre di più ad alleviare le sofferenze dei soggetti in cura.

 

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Che cos'è la malattia mentale di Francesco Codato è in libreria

copertina malattia mentale 200x300Che cos'è la malattia mentale il nuovo saggio di Francesco Codato nella Collana Ricerche e Contributi in Psicologia è in libreria.
Francesco Codato collabora alla cattedra di Bioetica, di Etica sociale e Bioetica presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. I suoi interessi di ricerca ruotano attorno alla bioetica e alla filosofia della medicina, con particolare riferimento alla relazione tra etica e cure psichiatriche.
Con Edizioni Psiconline ha già pubblicato: Che cos’è l’antipsichiatria? Storia della nascita del movimento di critica alla psichiatria (2013)


Sappiamo cos’è la malattia mentale? Sappiamo definirla? Cogliamo cosa essa rappresenta per la società stessa? La risposta sembrerebbe scontata, eppure se si cerca in una vasta serie di manuali sia riguardanti l’ambito psichiatrico (su tutti il DSM), oppure in campo psicanalitico (PDM), filosofico, sociologico o giuridico, non esiste una definizione precisa di che cosa sia la malattia mentale.
Ciò che si può facilmente constare consultando tali manuali è che la definizione della malattia mentale o manca totalmente come nel caso del DSM, oppure dove è presente, nei vari manuali di filosofia, sociologia etc., serve unicamente come modello confutativo di alcune teorie.
Non è presente in alcun manuale una definizione “di fondo” che possa identificarsi come universale, ovvero che possa essere riscontrata e accettata non solo da tutte le discipline, ma anche da correnti diverse presenti all’interno di una medesima disciplina. Le rare definizioni che si ritrovano di malattia mentale servono unicamente all’instaurazione di un gioco delle parti, ovvero si rendono utili per la legittimazione di un particolare modo di guardare al disagio psichico funzionale al sorreggere la costituzione di un sistema terapeutico che si vuole propagandare. La malattia mentale invece sfugge a questa chiara definizione.
Si può quindi asserire che seppur la malattia mentale sia per numero di diagnosi, di pubblicazioni e d’interesse per le scienze della natura e dell’uomo l’oggetto di culto della nostra epoca, s’ignora ancora cosa essa sia.

 

Lo scopo del libro Che cos'è la malattia mentale è quello di ovviare a questo problema prendendo ad esame le risposte che le differenti discipline (psichiatria, storia, antropologia, sociologia, filosofia, religione, diritto, economia e bioetica) hanno elaborato e tuttora elaborano riguardo a tale fenomeno, mostrando come esso non possa che essere compreso adottando uno sguardo interdisciplinare, tendente a valutarne la sua complessa natura. Infatti, solo in questo modo diviene possibile guardare alla totalità del fenomeno della malattia mentale, ponendo le basi per l’edificazione di un sistema di cura olistico che non consideri la malattia mentale unicamente come un insieme di sintomi, ma che la comprenda come una dimensione propria e singolare. Tutto ciò porterà ad interrogarsi non più attorno alla verità della malattia mentale, ovvero unicamente ad identificare delle patologie universali che valgono di per sé, ma ad interrogarsi sulla verità della malattia mentale, dunque a compiere un’analisi di tutte le componenti sociali, culturali, economiche e biologiche legate al vissuto soggettivo che portano all’esistenza di quella determinata forma patologica.
Che cos'è la malattia mentale è rivolto a tutti, studiosi, studenti, addetti ai lavori sulla salute mentale e non.


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L'antipsichiatria e le sue origini

Pubblicato in questi giorni da Edizioni Psiconline "Che cos'è l'antipsichiatria? Storia della nascita del movimento di critica alla psichiatria" di Francesco Codato.


[caption id="attachment_2410" align="alignleft" width="200"]copertina-che-cos-e-l-antipsichiatria-sito La copertina del volume


Con il termine antipsichiatria s’intende un movimento non unitario che ha preso forma negli anni sessanta, il quale pone ad oggetto della propria riflessione e critica le strutture portanti della psichiatria, intesa sia come scienza medica che come istituzione sociale. Il nucleo fondante di tale critica è rinvenibile nel rifiuto della concezione manicomiale e di ogni trattamento coatto o imposto d’autorità, che trova alla propria base la premessa teorica del carattere socio-genetico delle malattie psichiche.

L’importanza dell’antipsichiatria risiede nell’aver aperto un dialogo critico che ha messo in luce l’urgenza della considerazione dei contesti sociali e relazionali in cui trova forma e si esplica il vissuto di ogni persona, il quale si pone a base ineliminabile per avviare un contatto terapeutico.



L’urgenza odierna di rievocare il movimento antipsichiatrico trova tutto il proprio fondamento nell’oblio dei contesti sociali a cui la psichiatria moderna si sta avviando, scegliendo di sposare le teorie sociobiologiche e neuroscientifiche.

Lo scopo del libro "Che cos’è l’antipsichiatria? Storia della nascita del movimento di critica alla psichiatria", scritto da Francesco Codato per Edizioni Psiconline (pag. 250, formato 15x21 cm., rilegato in brossura, € 20.00) è quello di recuperare le tesi antipsichiatriche mostrandone la coerenza e le possibilità di utilizzo all’interno del contesto psichiatrico odierno.

[caption id="attachment_2409" align="alignright" width="200"]francesco codato Francesco Codato


Francesco Codato è dottorando in filosofia presso l’Università Cà Foscari di Venezia. I suoi interessi di ricerca ruotano attorno alla bioetica e alla filosofia della medicina, con particolare riferimento alla relazione tra etica e cure psichiatriche.

Si è occupato in particolare del pensiero di Franco Basaglia, a cui ha dedicato la monografia Follia, potere e istituzione: genesi del pensiero di Franco Basaglia (Trento, 2010). È inoltre autore dell’opera Figli di Prometeo etica della responsabilità e ricerca scientifica (Roma, 2012).

Il libro è rivolto a Psicologi, Psichiatri, Sociologi, Assistenti sociali, Studenti.

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