D. Come è strutturato il libro e a chi si rivolge?
R. Il libro si rivolge ad un pubblico ampio.
Di facile lettura, conserva gli approfondimenti congeniali ad un target di addetti ai lavori. I primi a poterne essere interessati, quindi, sono proprio giornalisti e psicologi. A seguire tutti coloro che studiano i processi sociali e i media. Ma il libro è leggibile anche dalla vastissima platea di coloro che si attendono dai media un'informazione utile e non riescono a trovarla. Il lavoro parte, nel primo capitolo, dalla descrizione dell'intera sfera dell'informazione che avvolge ognuno di noi: da ciò che definisce l'Informazione alla fruibilità delle notizie; dalle premesse implicite del giornalismo alla sfruttabilità delle informazioni. Nel secondo capitolo, invece, si passa ai vari ponti che possono essere costruiti tra la lunga storia del giornalismo ed il sapere psicologico, soprattutto nello spostamento del baricentro dalla notizia alle persone. Il terzo capitolo, più specificatamente psicologico, offre degli scenari di interpretazione dell'Informazione e del Giornalismo da parte di chi possiede le competenze psicologiche e, contemporaneamente, una prospettiva riflessa utile ai professionisti dell'informazione per vedere se stessi con gli occhi dello psicologo. Le conclusioni chiudono il saggio.
D. Cosa significa fare informazione oggi rispetto al passato?
R. Fare informazione è diverso dal fare giornalismo. Fatta la premessa, si può affermare che fare informazione rimane un'attività a forte connotazione sociale. Il mandato implicito della società al ruolo di "cane da guardia" del potere è stato fortemente corroso. Inoltre, l'esplosione dell'informazione attraverso il web rischia di generare false illusioni. La relazione tra informazione/giornalismo e potere è intatta.
D. Come è cambiato il pubblico destinatario delle informazioni?
R. Nella progressiva migrazione dal mondo di giornali e televisioni a quello digitale sta producendo una sorta di atrofizzazione del pubblico che sta perdendo la capacità critica, a causa soprattutto dell'eccesso di offerta. Ci si affida ad un'informazione fatta di soli titoli, senza neanche leggere più o andare addirittura a verificare la fondatezza di una notizia. Con questo tipo di atteggiamento diventa fatale l'uso strumentale delle fake news.
D. Chi è il giornalista oggi?
R. Il giornalista è una persona che, per passione o per opportunità, decide di fare della comunicazione sociale un lavoro. Rispetto ai giornalisti che si sono succeduti dal secondo dopoguerra alla fine degli anni Novanta, tutelati dal mandato sociale e dalle leggi, i giornalisti che stanno crescendo si trovano a condividere il trend al ribasso dei lavori intellettuali. Strangolati dalla precarietà, essi si trovano di fronte a scelte che mettono a dura prova una costruzione efficace del mestiere.
D. Cosa differenzia uno psicologo da un giornalista?
R. La differenza più grande tra le due figure è che i secondi sono più centrati sul processo di informare mentre i primi rimangono attenti innanzitutto agli effetti sulle persone della loro azione.
D. Come analizza una notizia uno psicologo?
R. Uno psicologo è sempre alla ricerca delle implicazioni meno evidenti dei fatti, ovvero dei comportamenti. Andare oltre l'evidente e creare una cornice interpretativa consente di capire le implicazioni di una notizia e, quindi, di offrire una fruibilità sempre maggiore delle informazioni al pubblico.
D. Cosa si intende per psicologia dell'informazione? Esistono esempi concreti?
R. La psicologia dell'informazione è la naturale applicazione del consolidato sapere di questa disciplina a quella funzione fondamentale che è la circolazione del sapere. Conoscere, sapere, capire, poter valutare, sono tutte competenze che migliorano la qualità della vita. Gli psicologi dell'informazione possono contribuire alla crescita di questi aspetti in una collettività. Nel libro vengono citati due esempi concreti di applicazione della psicologia a due aspetti diversi dell'informazione e del giornalismo.
D. Quando l'informazione è utile? Quando se ne fa buon uso?
R. L'informazione è utile quando riesce a contribuire alla nostra comprensione del mondo che ci circonda. Diventa utile, poi, quando ci viene offerta anche una cornice interpretativa dei fatti. L'uso che si può fare della buona informazione è proprio quello di una maggiore consapevolezza dei fenomeni che ci circondano, soprattutto di quelli che sono più lontani ma che comunque influiscono sulla nostra vita.
D. Quali caratteristiche deve avere la comunicazione per essere considerata efficace?
R. Una comunicazione efficace è definibile solo in funzione degli scopi. Comunicare per aiutare è diverso dal farlo per convincere, per esempio. Un giornalismo efficace è definibile, invece, solo rispetto ai committenti: chi chiede l'informazione deve essere soddisfatto di ciò che gli viene comunicato da chi è delegato a questa funzione.
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