Il testo si cala nella profondità più celata ed oscura del pedofilo rispondendo all’interrogativo più grande che la collettività si pone di fronte a comportamenti così spregevoli, ovvero cosa possa spingere un adulto a provare interesse sessuale nei confronti di un minore.
Le autrici descrivono con precisione un’esperienza terapeutica di un gruppo di pedofili all’interno del carcere di Siracusa, raccontando con passione e impegno le varie fasi del percorso terapeutico, che ha avviato un processo di cambiamento rendendoli consapevoli della loro devianza e del bisogno di aiuto, aiutandoli a comprendere i propri meccanismi mentali, a vantaggio della ricerca e della possibilità di cura.
Felicia Cataldi è nata a Siracusa, dove vive e lavora.
Laureata in Servizio Sociale presso l’Università degli Studi di Trieste è iscritta all’Albo Professionale degli Assistenti Sociali della Regione Sicilia.
Funzionario dell’Amministrazione Penitenziaria, dal 2003 è Responsabile dell’Area educativa della Casa Circondariale di Siracusa.
Teresa Tringali è nata a Caltagirone, vive e lavora a Siracusa.
Laureata in Psicologia presso l’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma, è iscritta all’Ordine degli Psicologi e degli Psicoterapeuti della Regione Sicilia. Terapeuta E.M.D.R., libero professionista, dal 2003 Esperto presso la Casa Circondariale di Siracusa e la Casa di Reclusione di Augusta.
Ma analizziamo più accuratamente il testo, con l'aiuto delle autrici che hanno risposto alle nostre domande con precisione e chiarezza.
D. Quando avete sentito la necessità di scrivere questo libro?
R. Dopo qualche anno dall’inizio dell’esperienza di trattamento, quando ci siamo trovate di fronte ad un’enorme mole di materiale che testimoniava in modo tangibile il progressivo cambiamento dei soggetti del gruppo. Riflessioni su se stessi, sulle loro storie, sulle loro vite abbracciate in una prospettiva differente, nel tentativo di comprendere la loro devianza. Ad un certo punto, ci è sembrato doveroso imprimere, fermare su carta quanto stava succedendo davanti ai nostri occhi. Sentivamo inoltre il bisogno di dare una forma all’esperienza, di sistematizzarla, e attraverso tale lavoro è stato possibile addentrarci nel disturbo pedofilico, a vantaggio della comprensione e dello studio di tale fenomeno.
D. A chi è rivolto?
R. Il libro è rivolto a tutti, per il suo linguaggio semplice e descrittivo. Lo sforzo maggiore è stato proprio quello di rendere accessibili argomenti complessi e per lo più destinati agli addetti ai lavori.
D. Quali messaggi vuole dare?
R. Il messaggio di fondo è che il cambiamento è possibile. Il libro vuole aiutare la gente comune a comprendere chi e che cosa sta dietro il “mostro”. Ciò che si ignora è considerato lontano da sé ed invece sappiamo che la pedofilia è, purtroppo, un fenomeno assai diffuso, specie nella cerchia familiare. Vuole incoraggiare gli operatori a superare le reazioni negative suscitate dal pedofilo, per avvicinarsi, con maggiore fiducia, all’attività di trattamento.
D. Quando nasce il vostro progetto?
R. Il progetto dei gruppi terapeutici per autori di reati sessuali contro minori nasce nel 2009 dall’esigenza di sperimentare una forma di trattamento efficace per i numerosi detenuti ristretti presso la Casa Circondariale di Siracusa. Nel corso del tempo si sono succeduti vari gruppi ed è stato possibile così elaborare un protocollo terapeutico che stiamo utilizzando con successo.
D. Come prevenire il problema pedofilia?
R. L’azione di contrasto al fenomeno non può prescindere dalla cura dell’abusante che, considerata la peculiarità del disturbo, tende a reiterare il comportamento. Il trattamento, rendendo il soggetto consapevole dei meccanismi alla base della pedofilia, fornisce strumenti di conoscenza e di controllo di sé e dei propri impulsi.
D. Quali percentuali di successo nelle terapie per la cura del pedofilo in termini di abbattimento della recidiva?
R. Considerato che nel panorama italiano le esperienze di trattamento dei pedofili sono rarissime, non è possibile stimare in termini percentuali il successo delle terapie. Tuttavia, come emerso dalla nostra esperienza, il dato certo è che il pedofilo non curato rimane ancorato saldamente a tutti quei meccanismi e convincimenti che continuano a favorire l’abuso.
D. Quali sono i rischi una volta tornati in libertà dopo aver scontato la pena e aver seguito un percorso terapeutico?
R. Il percorso terapeutico non può esaurirsi con il tempo della pena. È un trattamento che richiede tempi lunghi e che necessita di una graduale prosecuzione all’esterno del carcere, dove è presente l’esposizione ai fattori di rischio recidiva. È necessario anche strutturare interventi che coinvolgano la rete degli affetti familiari per una ricostruzione delle relazioni.
D. Quali sono le modalità di intervento consigliate per il trattamento del pedofilo?
R. Nella nostra esperienza la modalità più utile ed efficace si è rivelata quella del piccolo gruppo. Tale contesto, favorendo la condivisione di una problematica comune, incoraggia i soggetti a “venire allo scoperto”, superando gradualmente le difficoltà che l’ammissione di una condotta così grave comporta. Inoltre, rispecchiandosi nelle esperienze dei compagni, ciascuno impara a mettersi nei panni dell’altro, ad empatizzare, obiettivo ultimo della terapia.
D. Cosa si intende per negazione?
R. Tutti i soggetti che commettono abusi negano, non perché non sappiano di aver commesso un atto socialmente riprovevole, ma per proteggersi dagli altri, conservare gli affetti e la propria autostima.
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