La presentazione sarà lo spunto per una discussione sulle coppie ai nostri giorni e sul cambiamento del concetto di famiglia, evolutosi rispetto alla cosiddetta 'famiglia tradizionale'.
L'evento è organizzato in collaborazione con Arci Libero SpazioStay Human di Ascoli Piceno.
Partendo da come ci rappresentiamo le nostre relazioni di attaccamento e di come queste ci orientano nella scelta dell’altro, cos’è che oggi ci tiene uniti, cos’è che trascende tale legge e giustifica e legittima l’esistenza di un legame relazionale duraturo e autentico nel tempo? Proverò ad esplorare, come si sono trasformati i codici di rappresentazione soggettivi e sociali della struttura socio-relazionale della coppia post-moderna ripercorrendo le difficoltà, i piaceri, il loro tortuoso lega-me mettendo insieme storia ed esperienza clinica.
Lo studio degli aspetti che caratterizzano un rapporto di coppia implica inevitabilmente la valutazione di molteplici dimensioni e sistemi motivazionali che, interagendo tra loro, creano complesse combinazioni. La famiglia nucleare va in crisi e si apre verso nuove forme di socialità allargata: questo non vuol dire per forza dissoluzione della famiglia, ma l’esigenza di strutture famigliari più forti in grado di andare oltre il modello famigliare.
Acquista direttamente il volume su PSYCHOSTORE.NET
Una serata piacevolissima, i relatori Virginia Maloni e Massimo Piscitelli dopo l'introduzione e l'esposizione del contenuto del libro hanno dato vita ad un acceso dibattito in cui il pubblico, vivace, attento, interessato è stato il vero protagonista.
Il tempo a disposizione non è stato sufficiente, perché gli interventi sono stati molto numerosi, i temi trattati: la relazione di coppia, l'evoluzione del rapporto di coppia nel tempo, come è cambiato oggi il rapporto di coppia, i problemi che sorgono nella relazione, sono molto sentiti e gli intervenuti avevano molte curiosità in merito.
Un estratto del dibattito è riportato nella intervista che di seguito pubblichiamo e che Virginia Maloni ci ha gentilmente concesso.
Lo sviluppo dei nuovi mezzi di comunicazione, ha portato ad una modificazione nelle relazioni sociali, quindi dei legame. Considerata la sua esperienza di psicoterapeuta, tutto questo, quanto influisce nella sfera psicopatologica?
La comunicazione collettiva è sorretta oggi da nuovi strumenti, che permettono di oltrepassare le barriere e i vincoli di tempo e di spazio e, fra i nuovi modi di comunicare, la rete telematica internazionale è indubbiamente uno dei mezzi che offre maggiori opportunità. La presenza delle “new technologies” diventa così parte costitutiva delle attività quotidiane degli adulti e degli adolescenti. L’utilizzo quotidiano di queste tecnologie modifica fortemente le interazioni educative attraverso le quali i membri della famiglia decidono, patteggiano e identificano direttive, regole, ruoli, identità e valori morali comuni. Ognuno di noi trova nella rete nuove opportunità di scambio interattivo che ci permette ogni volta di sperimentare noi stessi. I cambiamenti dei mezzi di comunicazione non dipendono solo dallo sviluppo delle nuove tecnologie ma anche dalle metamorfosi sociali che stanno avvenendo all’interno della famiglia.
Facciamo un esempio: il computer non solo è utile per moltissime cose ma psicologicamente ci aiuta a governare lo spazio di comunicazione e relazione con gli altri. Attraverso il pc precisamente, ci si può avvicinare o allontanare dagli altri, proteggendosi dai rischi dell’impatto emotivo diretto, trovando una risposta alle proprie insicurezze relazionali, ma può nello stesso tempo tenere vicine e presenti le persone a cui si è legati affettivamente, gestendo l’ansia da separazione e la lontananza.
Costruiamo la nostra Personalità giorno per giorno, attraverso l’incessante processo esistenziale e di autoformazione che utilizza interazioni face to face e interazioni sociali che utilizzano i nuovi mezzi di comunicazione attraverso i quali plasmiamo il nostro Io, i nostri processi cognitivi ed emotivi. Questa concatenazione tra reale e virtuale trasferisce su un terreno inedito sia le relazioni sociali che la formazione della struttura di personalità tanto che si sta sviluppando un ambito di studio nuovo che analizza la psicopatologia dei mondi virtuali.
La donna del mondo moderno sente il peso della responsabilità di questo cambiamento dei legami, secondo lei, in base alla sua esperienza di clinica, quanto pesa su di essa il triplice ruolo di madre, compagna e donna lavoratrice?
Risponderei ponendomi delle domande e osservazioni. Chi erano le donne di ieri? E come gli avvenimenti storici le hanno trasformate?
La post-modernità ha portato e ancora porta dei cambiamenti che riusciamo solo ad attingere ma non ben a definire. Ma una invariante di cui possiamo parlare perché osserviamo ogni giorno è la possibilità di essere e di esistere in più ruoli indefiniti. Cosa vuol dire? Oggi scrutiamo tanti modelli di riferimento femminili, ad esempio ballerine che diventano giornaliste, giornaliste che diventano ballerine, donne politiche che diventano opinioniste, giovani donne difficili che uccidono per gelosia, minorenni che osteggiano ad essere donne che conducono una vita di lusso, e cosi via.
E poi ci sono le donne casalinghe, lavoratrici, laureate precarie, specializzate senza un incarico, madri, mogli, figlie, sorelle dal multi ruolo. Queste donne sembrano sempre meno essere dei personaggi principali in questa società, spettatrici di un mondo che non dà spazio alle capacità. La società odierna sottolinea molto la seduzione del mondo femminile che tende a mettere da parte tutti gli altri attributivi cui la donna dispone e che nel passato ha permesso la conservazione delle famiglie e dei ruoli maschile e femminile. Nella post-modernità c’è l’esasperazione ed il desiderio di esistere, di avere potere e dimostrare sempre di più, ancora di più, per equilibrare una bellezza fisica, che ora, più di una volta, è ricercata, inseguita, ottenuta e abusata. Quindi oggi le donne risentono di tutto questo e combattono ogni giorno per poter manifestare le proprie potenzialità umane e professionali. Alcune donne sono stanche e si sentono inadeguate, inadatte, inopportune sviluppando vissuti di ansia, angosce, dubbi. E si sentono sole, perché non sempre comprese dai compagni, colleghi, amici.
Lei scrive “La coppia post- moderna ha paura di morire appena si mette in piedi”. Come mai non si riesce ad arrivare alla fase “post-moderna”?
Le rispondo con una frase di Bauman: "Le emozioni passano i sentimenti vanno coltivati". Oggi siamo alla ricerca del sentire, abbiamo poca pazienza e quindi sappiamo che un legame di coppia richiede sacrificio. Questo alimenta paure ed insicurezze che ci portano a non voler rischiare.
L’essere cresciuti acquisendo un background culturale differente da quello che oggi, la società è, quanto influisce nel disorientamento dell’individuo?
La realtà odierna, adattata alla fenomenologia della Rete, sembra assumere confini sempre più labili ed evanescenti consentendo all’identità di sganciarsi momentaneamente dalla propria stabilità per esprimersi in molteplici Sé. È vero che ognuno di noi, ogni giorno, riveste più ruoli in circostanze diverse (professionali in ambito lavorativo, più
leggeri con gli amici, emotivamente più vicini nelle relazioni più strette) ma il problema nasce nel web, quando, nell’esperire fugacemente diversi Sé, si corre il rischio che la nostra identità possa subire un’alterazione e che possa quindi svincolarsi da un piano di realtà. A volte la frequentazione sui social ha come intenzione invisibile quella di compensare il vuoto di relazioni sociali vissute come insufficienti. L’individuo disorientato è un individuo
che sta vivendo virtualmente un’identità che ha sempre desiderato ma che si allontana sempre più da quello che è nella realtà.
Qual è il messaggio per i suoi lettori?
Ognuno di noi ha delle paure, dei desideri positivi e anche negativi, condizionati dalla nostra storia e dai nostri tabù. Oggi la società ci richiede di essere più forti, più tolleranti alle frustrazioni e questo comporta che dobbiamo sforzarci di comunicare maggiormente le nostre paure ed esorcizzarle affrontandole. Essere se stessi è difficile, a volte inaccettabile, altre volte coperto da un’identità che funziona di più della mia. Dobbiamo ri-acquisire la forza di esistere, coltivare tutte le reti sociali e comunitarie che ci aiutano a non isolarci ed ogni tanto fare il punto su noi stessi, anche se la società cosi veloce ce lo impedisce. Ognuno di noi ha delle capacità e delle virtù importanti ed uniche cui non pensiamo mai, anzi, il più delle volte, ce ne dimentichiamo, presi dai pensieri negativi e dal concetto che tanto, soprattutto in questo periodo di crisi economica e culturale, in realtà tali talenti nascosti, potrebbero non esserci cosi utili.
Sbagliato! Siamo talmente avvezzi a mettere a fuoco quello che non va intorno a noi, che non siamo capaci di considerare quello che invece potrebbe funzionare molto bene e risultare utile.
La nostra personalità è in continuo apprendimento sia positivo sia negativo. Questo vuol dire che molto spesso i nostri disagi o i nostri umori orientati negativamente ci ricordano che non stiamo compiendo la nostra vera natura e che ci stiamo permettendo di arrenderci.
Al termine della presentazione, prima di andare via molti lettori si sono intrattenuti per il FIRMALIBRO e le foto ricordo.
Acquista direttamente il volume su PSYCHOSTORE.NET
Rachele Magro è psicologa-psicoterapeuta ed è Presidente ASPIC- Sede territoriale di Viterbo dal 2009. Impegnata dal 2004 nel campo dell’emergenza in vari progetti di formazione, prevenzione e sostegno psicologico rivolti alla popolazione e alle varie figure professionali.
Ha attivato dal 2004 al 2006 un progetto come psicologa volontaria in un Reggimento Operativo svolgendo attività di supporto psicologico ai militari impiegati all’estero e alle loro famiglie, proseguita in seguito con il lavoro clinico nell’attività privata a supporto degli operatori dell’emergenze. Autrice del libro “Cuore di Soldato” – Edizioni Psiconline.
Il libro raccoglie storie di donne che hanno scelto di condividere la propria vita accanto a uomini in divisa e di figlie che invece la vita militare l’hanno conosciuta nel corso della loro esistenza.
Si tratta di una serie di testimonianze raccolte dall’Associazione L’Altra Metà della Divisa e poi rielaborate ed inserite da Rachele Magro in una cornice che ne inquadra e analizza in modo professionale la psicologia e la capacità di reazione agli eventi imprevisti, racconti personali rilasciati da mogli e compagne – c’è anche una figlia – di militari di ogni grado e forza armata.
Storie profonde che molto spesso evocano più che descrivere, nel pudore prima umano che d’ordinanza, e che lasciano cogliere una quotidianità complessa e complicata dalle regole della vita militare.
Rappresenta un’iniziativa all’interno del progetto dell’Altra metà della Divisa, associazione no profit nata per iniziativa di donne, compagne di militari, consapevoli dell’indispensabilità di una rete di supporto, allo scopo di condividere esperienze e difficoltà, sensibilizzare e sostenere le famiglie militari.
D. Vogliamo iniziare questa intervista con una domanda fortemente provocatoria:
il libro racconta storie di famiglie militari, viste dall'interno, perché dovrebbero interessarci?
R. Perché queste famiglie rappresentano uno spaccato di italianità che stiamo perdendo, perché dobbiamo riprovare ad amare il nostro Paese che questi uomini in divisa e le loro famiglie con i loro sacrifici raffigurano. Nella città dove abito io c'è almeno un uomo o una donna in divisa in molte famiglie: è giusto e doveroso riconoscere a questi uomini e donne il valore e comprenderne le fatiche, i disagi e le sofferenze ma anche le capacità di risollevarsi e di rimboccarsi le maniche quando la situazione lo richiede, per costruire una rete di supporto sempre più efficace.
D. Le storie raccontate nel volume sono davvero interessanti e illustrano dal di dentro la vita delle coppie che hanno scelto di condividere una avventura come quella militare. Quale motivazione spinge queste donne a raccontare il proprio vissuto?
R. La scelta di raccontarsi è nata dall'iniziativa di alcune donne interne all'Associazione L'Altra Metà della Divisa pensando che condividendo esperienze e vissuti non solo permettevano ad altri di conoscere un mondo spesso invisibile, ma soprattutto aiutavano le altre famiglie a riconoscersi e a non sentirsi sole nei momenti di difficoltà. L'intento è far conoscere al mondo militare e alle famiglie che c'è qualcuno che si sta attrezzando per dare risposte e che insieme si può fare di più e meglio. L'Associazione in questi due anni ha aiutato tantissime famiglie.
D. Come curatrice del volume ti sei trovata ad ascoltare storie che potevano essere più o meno coinvolgenti perché scegliere quelle pubblicate?
R. Le storie arrivate sono state davvero tante. Alcune donne invece le conoscevo, ne avevo seguito le vicende e insieme all'Associazione le abbiamo aiutate a trovare nuove e più funzionali soluzioni, a volte abbiamo solo cercato di essere presenti, in ascolto, a sostegno. Ho scelto così di costruire un percorso rispetto alle tematiche più importanti e comuni che in questi 10 anni di attività in questo campo accanto alle famiglie militari e agli uomini e donne in divisa, avevo affrontato. Sono tematiche piene di significato per questo tipo di vita e soprattutto accumunavano più vissuti. Il senso era quello di far emergere i punti di forza, la capacità di far fronte agli eventi critici di queste mogli e madri, la loro resilienza per costruire una nuova ottica "di possibilita'", di nuove occasioni; quasi come guardare la parte del bicchiere mezzo pieno. "Se ce l'hanno fatta loro posso farlo anche io!"
D. In una raccolta come questa si è portati a pensare che tutto si concluda con il lieto fine. Come mai hai scelto di raccontare anche storie che si concludono in modo problematico?
R. Purtroppo la vita è fatta anche di cadute, di muri difficili da scavalcare, di momenti di crisi che sembrano infiniti. Qualcuno non ce l'ha fatta a trovare la rete di supporto giusta per procedere verso il benessere. Io li chiamo "maladattamenti". In questi casi, che purtroppo ce ne sono tanti, è necessario fare di più, trovare altre strade, altre alleanze e non sempre è facile. Alcune donne non siamo riuscite ad aiutarle, e dobbiamo fare anche i conti con la nostra frustrazione e il senso di colpa di operatori della relazione d'aiuto.
La storia di Catia, ad esempio, è quella che più mi è rimasta nel cuore, ma invece che cestinarla ho scelto di darle voce. Ne ho sentito l'obbligo.
D. Non ci sono storie di donne militari è una scelta precisa o è una casualità?
R. È una casualità e in parte una conseguenza del fatto che la parte più attiva dell'Associazione è fatta di donne che la divisa non la indossano, ma se ne prendono cura in altro modo. Sono la parte più forte di questo sistema ma hanno anche bisogno di un luogo dove potersi riposare un po' e pensare che qualcuno possa farsi recipiente di ansie e preoccupazioni per permettere al loro uomo in divisa di lavorare serenamente. Il motto è: una famiglia felice fa un soldato sereno.
D. Da quello che emerge nel libro, il mondo militare è decisamente complesso e sfaccettato. Ci può essere spazio per la diversità?
R. Il mondo militare è pieno di diversità, di uomini e donne che provengono da ogni parte d'Italia, ognuno che porta con se la sua storia, i suoi valori e i suoi riferimenti. È al contempo un mondo rigido e strutturato nella modalità e nelle funzioni e fa molta fatica, a mio parere, ad interfacciare Istituzioni e famiglie, anche il rapporto tra mondo militare e civile è ad oggi complicato.
Noi vorremmo andare oltre.
D. Anche in questo caso l'associazionismo fornisce la via di compensazione alle angosce individuali quanto può essere considerato in effetti utile?
R. Direi fondamentale. Ricevo tantissime email a settimana da parte di famiglie che si rivolgono a noi: è un canale aperto, accessibile e sempre disponibile.
L'Associazione in questo campo è fondamentale ma bisognerebbe attivare più canali di dialogo e confronto affinché le famiglie si sentano più riconosciute.
È un luogo dove puoi darti una mano reciprocamente senza sentirsi isolata e poi trovi sempre qualcuna che può dirti "ti capisco, ci sono passata anche io, ma vedrai che troviamo insieme una nuova strada".
Acquista direttamente il volume su PSYCHOSTORE.NET
Sipo Beverelli
Luigi Di Giuseppe